Profezia e apocalittica: secondo semestre 2006-07
Charles Conroy [www.cjconroy.net/pr-it/pr00a.htm]



Questioni generali (7)
I libri profetici



Dopo aver studiato in sintesi l'ambientazione storica dell'attività profetica, passiamo in questa lezione e in quella seguente alla dimensione letteraria dei libri profetici, sempre a livello di considerazioni generali (il discorso verrà ripreso per le particolarità dei singoli libri più avanti nel corso).
Per quanto riguarda la metodologia procederemo in due passi, studiando prima la forma attuale dei libri profetici (aspetto sincronico) e poi la formazione o la genesi dei libri (aspetto diacronico). Una simile scelta metodologica (studio in due fasi) verrà applicata anche all'esame dei singoli libri più avanti.
Per questa lezione i punti principali sono:

  1. La forma attuale dei libri profetici
  2. La genesi dei libri profetici

La bibliografia specifica si trova qui.


1.   La forma attuale dei libri profetici

Partendo (1.1) dall'esperienza di molti lettori dei libri profetici, che trovano difficile la lettura di questi libri dall'inizio alla fine, esamineremo (1.2) lo schema "negativo / positivo" che spesso articola un libro profetico o le sue parti e rifletteremo infine (1.3) sulla conseguenze ermeneutiche di questo schema.

1.1     Problemi di leggibilità

Le difficoltà sperimentate dal lettore di fronte a molti libri profetici vengono in buona parte dal fatto che non si vede un ordine, una chiara disposizione dei materiali nei libri. Non c'è una trama narrativa (eccezione: il libro di Giona, o anche Ger 37-45) e spesso non si riesce neanche a vedere uno sviluppo tematico. Nonostante la presenza di brani di grande ed immediato effetto qua e là nei libri, l'impressione generale iniziale è di una strana mancanza di organizzazione.

Come spiegare questa situazione? Non certo da una incapacità letteraria da parte degli scrittori ebrei in generale (contraddetta da capolavori letterari come la storia di Giuseppe in Gen 37-50, o il libro di Giobbe), ma dalle circonstanze particolari di composizione dei libri profetici attraverso un lungo processo di redazione e composizione che in diversi casi durò diversi secoli (come vedremo più avanti).

Però quando leggiamo i libri profetici con più attenzione, spesso si riesce a vedere certi principi di organizzazione dei materiali, uno dei quali è lo schema "negativo / positivo" che esamineremo brevemente adesso.

1.2     Macro-struttura frequente: "negativo / positivo"

Si tratta di una disposizione frequente (anche se non universale) dei materiali in modo tale che brani di tonalità "negativa" (cioè, brani di critica di vari aspetti della vita del popolo, brani di minaccia o di annunzio di disastri politici o militari) vengono seguiti da brani di tonalità "positiva" (annunzi di un futuro migliore; brani di consolazione e di speranza). A questa disposizione viene dato il nome "lo schema escatologico" da diversi studiosi per le ragioni che vedremo fra poco. Tale schema si trova in due forme, con due o con tre parti.

1.2.1     Lo schema in due parti

Annunzi di disastri per Israele e/o Giuda, seguiti da annunzi di un futuro migliore: esempi Is 1-39 + 40-66 (si noterà che qui e negli altri esempi successivi la divisione è approssimativa nel senso che la tonalità negativa predomina in Is 1-39 ma ci sono anche alcuni brani di tonalità positiva in quei capitoli, e così anche all'inverso per la parte positiva); Am 1,2–9,7 + 9,8-15. Lo schema di due membra si può spesso trovare anche come principio di organizzazione di sezioni all'interno di un libro, come per esempio in Os (Os 1,2-9 + 2,1-3; 2,4-15 + 2,16-25; 3,1-4 + 3,5).

1.2.2     Lo schema in tre parti

Nella forma allargata dello schema un nuovo elemento viene inserito fra le due parti appena menzionate, cioè, una sezione contenente oracoli contra popoli stranieri. Lo schema dunque è come segue: oracoli contra Israele e/o Giuda; oracoli contra popoli stranieri; oracoli in favore di Israele e/o Giuda. Esempi si possono vedere in Ezech 1-24 + 25-32 +33-48; Sof 1,1–2,3 + 2,4–3,8 + 3,9-20; anche in Ger-LXX (come vedremo nella presentazione di quel libro).

1.3     Conseguenze ermeneutiche

Tutti i libri profetici nella loro forma attuale (o finale) ci raggiungono dal periodo postesilico e portano le tracce delle problematiche di quell'epoca (che abbiamo visto sinteticamente nella lezione precedente). In particolare la forma attuale dei libri profetici testimonia le speranze escatologiche di Israele postesilico, come risulta dallo schema appena presentato (e perciò viene chiamato "lo schema escatologico").

Infatti nella visione del mondo della profezia postesilica il tempo presente è segnato dalla calamità di 587/586 (caduta di Gerusalemme, incendio del tempio, deportazione dei capi del popolo, ecc.) e dalle difficoltà di ristabilire la comunità a Gerusalemme nel periodo persiano – un tempo dove la negatività sembra prevalere. Gli annunzi di disastro a causa dell'infedeltà del popolo e soprattutto dei loro capi nella prima parte dello schema escatologico funzionano come spiegazione di questo stato di cose e allo stesso tempo costituiscono un pressante appello per una vera conversione e ritorno al Signore. Ma per i fedeli del Signore c'è la speranza di un suo decisivo intervento nella storia, un giudizio universale intra-storico, quando le forze ostili dei popoli stranieri verranno distrutte (secondo membro dello schema a tre membra) come preludio all'inaugurazione del regno di Dio in pace e prosperità per i suoi fedeli (parte positiva dello schema).

L'uso dello schema escatologico ci fornisce una chiave ermeneutica importante nella lettura dei libri profetici, incoraggiandoci a situare i singoli brani all'interno dello schema dove possono acquisire un significato nuovo al di là del loro senso interno.

2.   La genesi dei libri profetici

Lo stato letterario attuale dei libri profetici con la loro organizzazione imperfetta (repetizioni, disordine, ecc.) è dovuto in buona misura al fatto che hanno attraversato un lungo processo di formazione con interventi di parecchi redattori. Qui nell'ambito delle "Questioni generali" ci limitiamo ad offrire un'immagine globale, e necessariamente alquanto impressionistica, di questo processo; ritorneremo al tema più in particolare quando esamineremo i singoli libri profetici in dettaglio più avanti.

2.1     L'attività dei profeti

Gli studiosi sono d'accordo che la maggior parte dei profeti classici esercitarono principalmente un ministero della parola nel senso di comunicazione orale dei loro messaggi (anche con azioni simboliche). Non erano in primo luogo dei "profeti scrittori". Al contrario proclamavano i loro messaggi nei luoghi pubblici come alla porta della città, nei luoghi di culto, e dovunque trovavano i destinatari del messaggio.

2.2     Dal profeta al libro

Dalla particolarità di questi atti originali di comunicazione orale però si passò alla trasmissione a dei destinatari diversi, e in questo abbiamo l'inizio del processo che conduceva dal profeta al libro profetico. Dal punto di vista teologico c'è da ritenere che tutto il processo dalle parole originali del profeta fino al completamento del libro si è svolto sotto la guida dell'ispirazione divina.

2.2.1     Inizi della trasmissione

Alcune comunicazioni profetiche avranno così impressionato gli uditori che sono state ricordate (e forse già in questo primo stadio messe per iscritto). È poco probabile però che tutti gli oracoli di un qualsiasi profeta sono stati ricordati; ciò che abbiamo è una selezione e una sintesi in una nuova forma letteraria. In ogni modo questo era l'inizio di un processo di separazione degli oracoli dalla loro situazione discorsiva originale. Due aspetti di questo processo sono da notare qui. Da una parte, gli interventi orali originali dei profeti erano indirizzati a degli uditori concreti in circonstanze storiche e sociali concrete, e queste particolarità rimangono in parte nei testi trasmessi; in altre parole, i testi trasmessi portano ancora le tracce linguistiche della loro situazione originale di comunicazione. Dall'altra parte, il fatto stesso di trasmissione per iscritto implica una certa misura di scollegamento del messaggio dalla situazione originale di comunicazione, rendendo possibile l'applicazione del messaggio a situazioni diverse e a uditori e lettori diversi. È importante tenere in equilibrio questi due aspetti e non cadere in unilateralismi di lettura, come se (1) soltanto la situazione originale fosse importante per noi (lettura storicistica) o come se (2) la situazione originale fosse ormai senza nessun importanza per noi (lettura astorica).

Alcuni testi biblici sembrano dare indicazioni degli inizi di questo processo di trasmissione dalla situazione originale di comunicazione. Is 8,16 presenta il profeta Isaia che affida il suo messaggio ai suoi discepoli. Is 30,8 parla di un comando divino ad Isaia di scrivere un oracolo (forse molto breve), e dà la ragione: "perchè resti per il futuro in testimonianza perenne". Per altri riferimenti all'azione di scrivere degli oracoli cf. Is 8,1-2; Ger 30,2; Ab 2,2. Una descrizione più lunga l'abbiamo nel testo drammatico di Ger 36; anche se questo testo non è una semplice cronaca degli avvenimenti ma un testo di forte densità teologica, resta chiaro che il redattore può presentare come plausibile un'immagine del profeta Geremia capace di ritenere in memoria una quantità considerevole dei suoi propri oracoli e dettarli al suo assistente Baruc perchè li scriva in un rotolo (per due volte poi).

Riassumendo dunque, i seguenti fattori stavano all'inizio del processo di trasmissione: la memoria del profeta stesso, la memoria dei suoi discepoli immediati, le prime parziali raccolte di oracoli messi per iscritto. A questo stadio si trattava principalmente di conservare le parole profetiche.

2.2.2     Incremento successivo

Pian piano le raccolte andavano formandosi in "libretti", che possiamo ancora individuare nei libri profetici che abbiamo adesso. Cf. la collezione di oracoli su diversi popoli in Am 1-2 con una strutturazione comune ben visibile. Altre collezioni hanno un "titolo": per es. la collezione di oracoli diversi sul tema "falsi profeti" in Ger 23,9-40 con un titolo nel v.9a ("Contro i profeti"); la collezione di oracoli contro altri popoli in Ger 46-51 con il titolo nel 46,1 ("Parola del Signore che fu rivolta al profeta Geremia sulle nazioni"). In altri casi le piccole raccolte sono organizzate con la tecnica della parola-chiave: per es. Ezech 21 (parola-chiave "spada"). Raramente però troviamo degli tentativi di organizzare gruppi di oracoli secondo criteri di ordine cronologico; i pochi esempi vengono da profeti esilici o postesilici (gli oracoli datati in Ezech, Aggeo e Zaccaria 1-8).

Infine le raccolte venivano unificate e ristrutturate frequentemente (ma non sempre, come abbiamo già visto) secondo lo schema escatologico ("negativo / positivo"), e così si arriva (in alcuni casi, dopo diversi secoli) alla forma dei libri che leggiamo adesso.

2.2.3     Motivazioni dei tradenti

Sarebbe del tutto anacronistico attribuire ai trasmettitori e redattori degli oracoli profetici una motivazione "scientifica" o archivistica, come se volevano solo conservare nel modo più esatto possibile le parole originali del profeta. Al contrario, tutto il processo di transmissione degli oracoli e poi della formazione dei libri era basato sul convincimento di fede che nelle parole dei profeti si incontrava la parola del Dio vivente (cf. l'alta frequenza di formule come "Così dice il Signore...", o "Ascoltate la parola del Signore...").

La forza viva della parola divina nelle parole umane dei profeti faceva sì che queste parole potevano, anzi dovevano, essere attualizzate per le nuove situazioni di uditori e lettori che si trovavano in una congiuntura storica e religiosa diversa da quella degli uditori originali. L'attualizzazione non si limitava a piccoli ritocchi ma, col passare del tempo, aggiungeva una quantità considerevole di materiali nuovi, di modo che (per esempio) nel libro di Isaia come lo leggiamo adesso la parte che riflette le parole del profeta Isaia del ottavo secolo costituisca ben meno di un quarto del libro. In un certo senso, si potrebbe dire che un libro profetico come Isaia o Geremia contiene gli oracoli del profeta originale insieme con tutta una serie di "commentari" che attualizzano e prolungano questi oracoli per altri tempi.

La complessità di tutto questo processo rende più comprensibile dunque le imperfezioni letterarie nella forma dei libri profetici che abbiamo osservato all'inizio della discussione.

2.3     Conseguenze ermeneutiche

Dal fatto che molti brani nei libri profetici attraversarono una pluralità di contesti (extra-letterari e letterari) durante il processo di formazione dei libri segue che tali brani sono aperti ad una pluralità di letture. Questo vale già all'interno dell'AT e naturalmente ancora di più all'interno della bibbia cristiana completa (AT e NT).

Prendiamo come esempio un brano qualsiasi in Isaia fra quelli che con buona probabilità riflettono il messaggio del profeta Isaia dell'ottavo secolo. Una prima lettura di questo testo si può fare situandolo nel suo contesto specifico dell'ottavo secolo e cercando di precisare il suo significato in quel contesto. È importante notare che (per i credenti) in tale contesto il testo era parola di Dio per i suoi uditori originali, e perciò questa lettura storica è anche una lettura teologica. In altre parole, lo studio storico (o storico-critico) di un testo profetico può benissimo avere una dimensione teologica.

Poi possiamo leggere questo stesso brano, situandolo adesso nel contesto di tutti gli altri oracoli di Isaia dell'ottavo secolo, e questo orizzonte più vasto di lettura potrebbe benissimo farci vedere altri livelli di significato nel brano particolare (che verbalmente rimane identico).

Poi possiamo rileggere il brano, situandolo nel contesto di tutto il libro di Isaia, con le sue molte aggiunte nel tempo esilico e postesilico. E ancora il brano può ricevere ulteriori arricchimenti di significato grazie all'allargamento dell'orizzonte di lettura. E così via fino all'orizzonte del NT.

Come conseguenza pratica notiamo che il punto di partenza ottimale per lo studio di un testo o libro profetico è la forma finale o esistente del testo, ma non dovremmo limitarci a questo. Lo studio dovrebbe entrare in una seconda fase, in cui cerchiamo di ricostruire tutto il processo di formazione del testo, sapendo che anche questo studio letterario-storico può produrre frutti teologici. Il modello a due fasi, dunque, è quello più adatto alla natura dei testi profetici nel loro essere e nel loro divenire.


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