Proseguiamo nello studio della dimensione letteraria dei libri profetici.
Dopo aver visto la forma finale dei libri e la loro genesi attraverso un
lungo processo di attualizzazione e redazione, passiamo in questa lezione
a considerare più da vicino gli elementi letterari che configurano e
compongono i libri. Vedremo in primo luogo le diverse modalità di
comunicazione letteraria e poi i diversi tipi testuali (o generi
letterari) che influiscono sui testi concreti dei libri profetici.
I punti principali sono:
Ci sono due pagine di bibliografia per questa lezione: (1) e (2).
Prima di considerare i singoli tipi testuali sarà utile notare le tre grandi modalità di comunicazione letteraria che troviamo nei libri profetici, e cioè (1.1) la poesia (nel senso di verso), (1.2) la prosa retorica o oratorica, e (1.3) la prosa semplice. Aggiungiamo (1.4) una riflessione conclusiva.
Gran parte della letteratura profetica si presenta in forma di verso (un tipo di discorso caratterizzato da una ricorrenza più o meno regolare di certi procedimenti letterari, da definire caso per caso). Nel uso comune il termine "poesia" viene spesso trattato come sinonimo di "verso", anche se di per sé i due termini si possono e si devono distinguere.
Quali sono le caratteristiche del verso nell'ebraico antico (biblico)? Non la rima, che si trova raramente nella poesia biblica e non ha comunque una funzione strutturante (l'avrà però in certi tipi di poesia ebraica post-biblica). Molti studiosi pensano che si possa parlare di una metrica nel verso ebraico classico (sia di tipo accentuale che di altri tipi), ma comunque si è d'accordo nel ritenere che i poeti ebrei non avevano nessuna preoccupazione di comporre secondo una metrica rigida e regolare. In ogni caso c'è un accordo più generale che la caratteristica più saliente del verso ebraico è il "parallelismo" a diversi livelli di realizzazione: un livello semantico (una riga dice più o meno lo stesso della riga precedente [parallelismo sinonimico] o dice il contrario della riga precedente [parallelismo antitetico]), ma anche livelli di fonologia e di sintassi. Il parallelismo semantico è generalmente ben visibile anche nelle traduzioni (non così gli altri livelli di parallelismo) ed è familiare a tutti i lettori dei Salmi.
Il parallelismo è un procedimento capace di grandissima varietà e molteplici sfumature, che richiede la lettura del testo nell'ebraico originale per apprezzarlo pienamente. Per quanto riguarda il cosiddetto "parallelismo sinonimico" infatti bisogna notare che i linguisti sostengono che una piena sinonimia è fenomeno rarissimo nelle lingue in generale; ci sono quasi sempre delle differenze di sfumature di senso o di registri d'uso fra i termini "sinonimi". Ciò conferisce un certo effetto polifonico alle due righe parallele, già a livello semantico. Il lettore viene così invitato ad una lettura rallentata delle due righe per lasciarle interagire nella mente e nell'immaginazione.
Questa seconda modalità di comunicazione è intermedia fra il verso e la prosa normale. Si tratta di un tipo elaborato di prosa, che da una parte non esibisce la tendenza al parallelismo così regolarmente come nel verso e non presenta lo stesso equilibrio nella lunghezza della riga e nella sua sintassi che spesso troviamo nel verso, ma d'altra parte la prosa retorica ha una certa formalità di linguaggio, un ritmo percettibile anche se non regolare, e una tendenza alla repetizione che la distingue dalla prosa normale. Esempi di questa prosa retorica si possono trovare in molti testi del libro di Osea oppure (ma di un altro tipo) in certi lunghi discorsi nel libro di Geremia (e.g. Ger 11,1-13) di origine deuteronomistica (come vedremo più avanti).
La prosa semplice (narrativa o discorsiva) è più rara nei testi profetici più antichi (anzi, alcuni studiosi hanno proposto di definire i profeti come essenzialmente dei poeti) ma diventa più frequente col passar del tempo soprattutto dopo l'esilio.
È importante rendersi conto delle implicazioni della presenza di una notevole proporzione di testi poetici nei libri profetici, perchè una lettura adeguata di questi testi richiede una certa sensibilità per la poesia da parte dei lettori. In generale e in tutte le lingue, non leggiamo la poesia solo per avere delle informazioni; la poesia produce degli effetti non solo a livello conoscitivo (idee) ma anche a livello dei sentimenti e della volontà e del sottoconscio. In termini teologici la parola di Dio ci raggiunge come poesia in questi testi e richiede una capacità di ascolto poetico per accogliere pienamente ciò che questa parola vuole produrre in noi. La parola di Dio non consiste solo di idee.
L'esame dei tipi testuali nei libri profetici appartiene al campo di studio della Critica delle Forme (Formkritik, Formgeschichte; Gattungskritik, Gattungsgeschichte).
È importante capire il significato e l'utilità di tale studio. Spesso nei testi delle nostre lingue ci sono certi segnali linguistici che ci permettono di riconoscere a quale tipo letterario un dato testo appartiene (una fiaba, un reportaggio sportivo, un trattato filosofico, ecc.) e spontaneamente (se siamo lettori competenti) attiviamo in noi stessi certe aspettative che sono tipiche di quel tipo di testo. Conoscere i tipi testuali significa essere in grado di attivare gli atteggiamenti e le aspettative di un lettore competente.
Anche se lo studio dei tipi testuali comprende anche un lavoro di classificazione (tassonomia), questo non è lo scopo ultimo dello studio. Scopo ultimo invece è acquisire una competenza migliore da lettori di questi testi. Senza questa competenza un lettore può facilmente cadere in errori madornali di lettura (e.g. valutando una fiaba con i criteri della storiografia critica, ecc.).
Ultima nota teorica: un testo concreto può benissimo mostrare l'influsso di diversi tipi testuali (e vedremo degli esempi più avanti nel corso) e pertanto può generare nel lettore competente una molteplicità di aspettative. Non è il caso, cioè, di dire che un testo concreto è necessariamente un'istanza di un solo genere letterario.
Per quanto riguarda la storia dello studio dei generi letterari nel campo biblico dell'AT, il pioniere fu senz'altro Hermann Gunkel (1862-1932). Le sue pubblicazioni maggiori sono nel campo della Genesi e dei Salmi, ma i suoi contributi più brevi allo studio dei profeti hanno esercitato un grande influsso sugli studiosi successivi, fra i quali spicca il nome di Claus Westermann (1909-2000). Il grande momento dello studio dei generi letterari dell'AT è stato negli anni 1950 e 1960; nei decenni successivi l'interesse prevalente degli studiosi si spostò in altri campi ma i risultati principali dello studio precedente rimangono come eredità permanente anche per oggi.
Iniziamo (2.1) con i generi oracolari che hanno avuto il loro Sitz im Leben originale nella predicazione orale dei profeti e che sono i tipi testuali più caratteristici nella letteratura profetica. Poi (2.2) esamineremo i generi narrativi, e infine (2.3) vedremo alcuni altri generi adattati dai profeti da altri ambienti della vita sociale e religiosa del loro tempo.
Vedremo tre tipi di generi oracolari: prima (2.1.1) il genere composito detto "l'oracolo di giudizio" (misfatti + disastro), poi (2.1.2) le esortazioni e gli ammonimenti, e infine (2.1.3) gli annunci di un futuro migliore.
La combinazione di questi due generi è forse la più caratteristica delle forme di discorso profetico nel periodo preesilico. Spesso il legame fra le due parti è reso esplicito da una particella che significa "perciò, pertanto" (nell'ebraico lākēn e simili espressioni), cosicché la denuncia dei peccati dei destinatari nella prima parte funzioni come la ragione del disastro annunciato nella seconda parte.
Come esempio (fra tanti) cf. Am 3,9-11: dopo l'introduzione nel v. 9a, c'è la denuncia di peccati nei vv. 9b-10; poi viene la particella "perciò" (lākēn) all'inizio del v. 11, seguita dalla cosiddetta formula del messaggero ("Così dice il Signore...") e poi viene l'annuncio del disastro (il resto del v. 11).
Qualche volta l'ordine degli elementi è all'inverso (annuncio di disastro nel primo luogo seguito dalla motivazione) ma la funzione dell'unità rimane invariata (cf. Is 3,1-9; Ger 2,26-28).
È abbastanza raro trovare l'uno o l'altro degli elementi in isolamento (cf. Os 7,3-7; Am 8,9-10).
C'è una certa varietà di terminologia in uso fra gli studiosi per designare sia le due parti che l'unità composita. Invece di "indicazione dei misfatti", si possono trovare termini come "denuncia di peccati", "parola di rimprovero" ("Scheltwort", "rebuke"), o "accusa". Invece di "annuncio di disastro" si possono trovare "parola di minaccia" ("Drohwort", "threat") o "sentenza giudiziale". Assai spesso si trova il termine "oracolo di giudizio" ("Gerichtswort", "judgement oracle") per indicare l'unità a due parti.
Excursus: "oracoli di guai" (Woe-oracles, Wehe, Malheur, Ay)
Questi oracoli costituiscono una variante del genere appena presentato. Iniziano con la particola "guai" (che corrisponde a uno dei termini ebraici ’ôy oppure hôy), seguita dall'indicazione dei destinatari e una descrizione del loro comportamento colpevole; poi spesso, ma non sempre, un'annuncio di disastro chiude l'unità. Esempi: Is 1,4-9; 5,8-10; Am 5,18-20; 6,1-7.
Per quanto riguardo il senso originale dei termini per "guai" (’ôy, hôy), molti studiosi sostengono che questi termini venivano usati originariamente come esclamazioni di lamento per un morto nel contesto di un funerale. Per tali grida di lutto cf. 1 Re 13,30; Ger 22,18; 34,5. Così, concludono i sostenitori di questa teoria, l'oracolo profetico di "guai" avrà avuto l'effetto di un grido di lutto quasi anticipando il funerale dei destinatari, cioè, funzionava come una minaccia molto forte.
Si tratta delle varianti positive e negative di un discorso mirato esplicitamente a cambiare in meglio il comportamento dei destinatari. L'esortazione lo fa in modo positivo ("fare il bene"), l'ammonimento ("warning") in modo inverso ("evitare il male"). Esempi di ambedue in Is 1,16-17. Bisogna notare però che qualche volta le esortazioni e gli ammonimenti possono avere un senso ironico (cf. Am 4,4-5). Infine c'è da notare che, nonostante un testo come Ger 25,3-7 che presenta tutto il ministero di Geremia in termini di questa funzione di condurre il popolo al pentimento e a cambiare comportamento, tale funzione non rappresentava l'unica finalità degli interventi profetici, soprattutto nel periodo preesilico. Ci sono molti oracoli infatti che sono direttamente degli annunci di un disastro futuro imminente, e secondo molti studiosi tale finalità era spesso predominante nel ministero orale dei profeti di quel periodo storico.
Gli annunci di un futuro migliore vengono spesso chiamati "oracoli di salvezza" da parte degli studiosi, dove "salvezza" si riferisce ad un miglioramento delle condizioni storiche del popolo che comprende anche gli aspetti etici. Questi annunci diventano frequenti soltanto nella profezia del periodo esilico e postesilico, anche se ci sono alcuni esempi pure fra i profeti del periodo preesilico.
Seguendo la ricerca di Westermann, possiamo distinguere quattro tipi all'interno del genere "annunci di un futuro migliore", come segue.
Gruppo I: L'elemento essenziale è l'annuncio di una sequenza di eventi salvifici per Israele (e.g. liberazione dei deportati – raccolta dei partecipanti – ritorno alla terra di Israele: come in Ger 31,7-9 o Am 9,11-15).
Gruppo II: La caratteristica di questo gruppo è la struttura in due parti: (1) un futuro migliore viene annunciato per Israele, e (2) si annuncia la destruzione dei popoli stranieri ostili o oppressori, con molta insistenza sul secondo elemento. Cf. per es. Is 10,24-27; Zacc 9,1-8.
Gruppo III: I testi di questo gruppo hanno in comune un'annuncio condizionato di un futuro migliore; la condizione può essere espressa con una clausola condizionale ("se / se non ...") oppure può risultare implicitamente da un'esortazione precedente (e.g. Am 5,4-6).
Gruppo IV: Caratteristica di questi testi è un paragone di tonalità sapienziale fra la sorte dei pii e quella dei malvagi (e.g. Is 1,27-28; 65,1-16).
Quantitativamente i testi narrativi sono meno frequenti dei testi oracolari nei libri profetici. La narrazione può essere formulata nello stile di terza persona (stile biografico) o nello stile di prima persona (stile autobiografico). Nel caso di testi "autobiografici" non possiamo automaticamente concludere che tali testi vengono così come sono dal profeta stesso; anche i discepoli e redattori potevano servirsi dello stile autobiografico per prolungare il messaggio del profeta. Dal punto di vista del contenuto notiamo le tre seguenti categorie di racconti profetici.
Le visioni profetiche vengono narrate in diversi modi: (1) si racconta come il profeta vede una scena con una serie di azioni (scena drammatica) e ascolta una parola divina al momento culminante dell'azione (e.g. Is 6,1-13; Ezech 1,1–3,15; Am 7,1-6); (2) si racconta come il profeta vede un'oggetto (non una serie di azioni) a proposito del quale c'è un dialogo fra YHWH e il profeta culminante nella spiegazione divina del simbolismo dell'oggetto visto (e.g. Ger 1,11-12.13-14; 24,1-10; Am 7,7-8; 8,1-2); (3) si racconta di una visione profetica più misteriosa che richiede l'intervento di un angelo per spiegare il suo senso come rivelazione divina (e.g. Zacc 2,1-4; 6,1-8). Il terzo tipo si prolunga poi e diventa fondamentale nei testi apocalittici (e.g. Dan 7; 8; 10-12), come vedremo verso la fine del corso.
Ci sono intorno a trenta racconti di azioni simboliche nei libri di Is, Ger, Ezech (ca. 12 testi), Os e Zacc (niente negli altri libri profetici ma si trovano anche in testi storiografici come 1 Re 11,29-39; 22,11; 2 Re 13,14-19).
Nonostante una grande varietà al livello dei dettagli, si può vedere una struttura comune di fondo che comprende tre elementi: (1) l'iniziativa divina (è YHWH che ordina il profeta a fare l'azione simbolica); (2) poi normalmente si racconta come il profeta ha eseguito il comando divino (anche se in alcuni testi questo può essere omesso come sottinteso: cf. Ger 16,1-4; Zacc 6,9-15); (3) il significato dell'azione viene spiegato e qui sta il messaggio divino. Fino a un certo punto si può ben parlare di azioni "teatrali" ("street theater" secondo B. Lang), ma i testi insistono che non si tratta semplicemente di invenzioni profetiche per migliorare la forza comunicativa del messaggio ma invece dell'esecuzione di un comando divino.
Sotto questo titolo gli studiosi spesso si riferiscono particolarmente a due lunghi blocchi di racconti nei libri profetici: Is 36-39 (Isaia, il re Ezechia, e gli Assiri) e Ger 36-45 (con alcuni altri testi in Ger: la cosiddetta "biografia di Baruc"). Il termine "biografia" qui però non dev'essere compresa come nei tempi moderni, quando indica un racconto focalizzato sulla personalità del protagonista, la sua formazione e crescita, la sua espressione nell'attività pubblica, e così via. Nei testi biblici questo tipo di biografia non si trova. I testi in questione invece sono molto più focalizzato sull'azione divina attraverso il profeta e intorno al profeta, il cui sviluppo psicologico non interessa granchè. Il messaggio, non la personalità del profeta, sta al centro.
Fin qui abbiamo visto vari tipi testuali che sono caratteristici dei libri profetici e della predicazione orale dei profeti in alcuni casi, ma i profeti si servivano anche di molti altri generi letterari nella loro comunicazione orale e poi nei libri profetici, generi che erano a casa in altri ambienti della vita sociale in Israele. Fra i numerosi possibili esempi solo due vengono menzionati qui.
Come in molte culture anche in Israel si usava cantare un lamento formale per un morto; il termine ebraico per questo lamento funebre è qînāh (da non confondersi con il semplice grido di lutto ’ôy / hôy menzionato sopra). Esempi si possono vedere in 2 Sam 1,19-27 (il lamento di Davide per Saul e Gionata) e 2 Sam 3,33-34 (il lamento di Davide per Abner, il generale di Saul). Spesso, anche se non sempre, questi lamenti hanno un ritmo caratteristico nell'ebraico (3 accenti + 2 accenti).
Alcuni testi profetici adottano questo genere letterario (con i suoi caratteristici motivi e anche il suo ritmo) ma lo applicano in anticipo alla rovina imminente di Israele (e.g. Am 5,1-3) o di un popolo straniero (e.g. Tiro in Ezech 26,17ss; 27,2ss; 28,12ss).
Nell'antico Israele c'erano due modi di risolvere una lite giuridica: una discussione diretta fra le due parti (modalità pre-giudiziale) oppure una sessione formale di fronte a un giudice o un collegio di giudici con funzione di arbitraggio (modalità giudiziale). Il termine ebraico per "lite" è rîb.
Diversi testi profetici riflettono il linguaggio e le procedure di tali controversie applicate ad una crisi nella relazione fra YHWH e il suo popolo, e.g. Is 1,2-3; 3,13-15; Ger 2,4-13; Os 4,1-3; Mic 6,1-5(8). (Anche fuori dei libri profetici si trova l'uso di questo genere: cf. Deut 32 e Sal 50.) Lo scenario di solito comprende la comparsa di testimoni che ascolteranno le accuse di YHWH contro il popolo infedele e il suo verdetto contro di loro.
Abbiamo esaminato rapidamente alcuni dei generi letterari principali che hanno influito sui testi profetici. Ma non si tratta di un certo numero di schemi che vengono adoperati in modo rigido. Al contrario, nei testi concreti molto spesso abbiamo l'influsso di più di un genere letterario, cosicché si tratti in realtà di una coesistenza nel singolo testo di aspetti convenzionali (determinati dal genere o dai generi) e di aspetti creativi (dovuti, cioè, alla creatività dei singoli profeti o redattori). Uno dei grandi frutti di una conoscenza dei generi letterari è precisamente la capacità di saper distinguere fra convenzionalità e creatività nell'esegesi di brani concreti.
Inoltre una conoscenza dei generi letterari ci introduce già alle funzioni principali del ministero profetico in Israele. Vediamo già la varietà di funzioni e anche qualche cambiamento emerso col passar del tempo. Vediamo, per esempio, che non è esatto stabilire come compito principale di tutti i profeti l'annuncio di salvezza o di un futuro migliore; ciò vale per i profeti dell'esilio e dopo, ma non per i loro grandi predecessori pre-esilici che avevano molto di più il compito di criticare e di minacciare. Così lo studio dei generi letterari aiuta anche a superare un concetto unilaterale e indebitamente generalizzante del ministero profetico.