I testi elencati sopra presentano il profeta "Geremia" lamentando a causa delle sofferenze sperimentate nel corso del suo ministero profetico. Vengono chiamati di solito le "Confessioni di Geremia" in analogia alle "Confessioni" di S. Agostino. Il linguaggio spesso violento insieme con la drammaticità delle tematiche fa sì che questi brani siano praticamente senza paralleli nella letteratura profetica della Bibbia.
Nella prima parte di questa lezione leggeremo brevemente uno dei testi e poi nella seconda parte esamineremo le questioni ermeneutiche dell'intera serie delle Confessioni. Pertanto i punti principali sono:
Una bibliografia specifica su Ger 15,10-21 si trova qui, e un'altra sulle Confessioni nel loro insieme qui.
La delimitazione del brano non presenta difficoltà particolari; gli studiosi infatti si trovano d'accordo sul fatto che una nuova pericope inizia a 15,10 dopo la fine della sezione dedicata alla siccità e brani associati (14,1–15,9), e c'è ugualmente un accordo che il brano finisce a 15,21 visto che 16,1 si apre con una formula tipica di inizio-brano.
Dopo un breve accenno (1.1) ai problemi di critica testuale (notevoli in questo brano), vedremo sinteticamente (1.2) alcune aspetti del contenuto e della teologia del testo.
Versione italiana (CEI prima edizione)
[10a] | Me infelice, madre mia, che mi hai partorito |
[10b] | oggetto di litigio e di contrasto per tutto il paese! |
[10c] | Non ho preso prestiti, non ho prestato a nessuno, |
[10d] | eppure tutti mi maledicono. |
[11a] | Forse, Signore, non ti ho servito del mio meglio, |
[11b] | non mi sono rivolto a te con preghiere per il mio nemico, |
[11c] | nel tempo della sventura e nel tempo dell'angoscia? |
[12a] | Potrà forse il ferro spezzare |
[12b] | il ferro del settentrione e il bronzo? |
[13a] | «I tuoi averi e i tuoi tesori |
[13b] | li abbandonerò al saccheggio, |
[13c] | non come pagamento, per tutti i peccati |
[13d] | che hai commessi in tutti i tuoi territori. |
[14a] | Ti renderò schiavo dei tuoi nemici |
[14b] | in una terra che non conosci, |
[14c] | perché si è acceso il fuoco della mia ira, |
[14d] | che arderà contro di voi». |
[15a] | Tu lo sai, Signore, |
[15b] | ricordati di me e aiutami, |
[15c] | vendicati per me dei miei persecutori. |
[15d] | Nella tua clemenza non lasciarmi perire, |
[15e] | sappi che io sopporto insulti per te. |
[16a] | Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; |
[16b] | la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, |
[16c] | perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti. |
[17a] | Non mi sono seduto per divertirmi nelle brigate di buontemponi, |
[17b] | ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, |
[17c] | poiché mi avevi riempito di sdegno. |
[18a] | Perché il mio dolore è senza fine |
[18b] | e la mia piaga incurabile non vuol guarire? |
[18c] | Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti. |
[19a] | Ha risposto allora il Signore: |
[19b] | «Se tu ritornerai a me, |
[19c] | io ti riprenderò e starai alla mia presenza; |
[19d] | se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, |
[19e] | sarai come la mia bocca. |
[19f] | Essi torneranno a te, |
[19g] | mentre tu non dovrai tornare a loro, |
[20a] | ed io, per questo popolo, ti renderò |
[20b] | come un muro durissimo di bronzo; |
[20c] | combatteranno contro di te ma non potranno prevalere, |
[20d] | perché io sarò con te per salvarti e per liberarti. Oracolo del Signore. |
[21a] | Ti libererò dalle mani dei malvagi |
[21b] | e ti riscatterò dalle mani dei violenti». |
Uno studio attento dei vv. 11-14 nel testo ebraico massoretico e nel testo greco rivela l'esistenza di tutta una serie di gravi difficoltà filologiche (e conseguentemente di incertezze nella comprensione del testo), già dalle prime parole del v. 11. Visto che in questo corso non possiamo entrare in discussioni di questo tipo, la lettura che segue prenderà in considerazione soltanto i vv. 10.15-21.
V. 10: L'invocazione drammatica alla madre di Geremia che apre il brano (v. 10a) esprime un lamento di Geremia riguardo alla sua nascita (e forse anche, implicitamente, alla sua vocazione profetica: cf. 1,5). La ragione del lamento viene espressa nell'autodescrizione del v. 10b: "uomo di litigio e uomo di contrasto per tutto il paese", che può essere compresa in due modi: (1) Geremia oggetto dell'ostilità popolare a causa del suo messaggio duro [cf. la versione CEI], e (2) Geremia come soggetto-annunziatore del litigio di YHWH con il popolo. In ogni caso, Geremia insiste sul fatto che non voleva far male a nessuno (l'espressione, forse proverbiale, del v. 10c va comunque in questo senso), eppure "tutti mi maledicono" (10d: con un tocco di esagerazione retorica probabilmente, in quanto altri testi del libro fanno capire che Geremia aveva sempre dei sostenitori come Baruc ed altri).
Vv. 15-16: Geremia si rivolge al Signore chiedendo il suo intervento per aiutarlo in questa situazione di rifiuto (15ab.de) e per punire i suoi persecutori (15c). In contrasto con questa sua situazione attuale si ricorda poi degli inizi del suo ministero profetico (v. 16), quando il suo cammino come un servo del Signore (16c) era un tempo di vera gioia spirituale (16b). Nel 16a il "divorare con avidità" le parole del Signore fa pensare al racconto della vocazione (1,9: "Ecco, io metto le mie parole nella tua bocca").
V. 17: Dopo il flashback del v. 16 il testo ritorna al presente per sottolineare un altro aspetto delle sofferenze del profeta: il suo isolamento sociale come conseguenza della sua attività profetica. A questo punto, a livello di una seconda lettura del testo, viene in mente anche il celibato di Geremia, impostogli dal Signore come segno profetico (cf. 16,1-4). Il costo umano dell'essere profeta è grande!
V. 18: Il culmine del lamento arriva nel v. 18, uno dei più tremendi testi nei libri profetici. Ci mostra il profeta al limite delle sue capacità umane di sopportazione (18ab); si rivolge direttamente al Signore che lo ha chiamato (18c), e con l'immagine di un torrente stagionale (un uadi ["wadi"] palestinese) accusa il Signore di averlo abbandonato, di non averlo assistito di fronte ai suoi assalitori come invece il racconto della chiamata ha promesso diverse volte (1,8.17.19). L'immagine del torrente acquista ancora più forza per i lettori attenti che si ricordano delle parole del Signore annunziate da Geremia a 2,13 (cf. anche Giobbe 6,15-20). Con queste accuse di abbandono e inaffidabilità rivolte verso il Signore, Geremia ha praticamente abbandonato il suo ruolo di profeta. Non parla più in virtù della sua chiamata.
Vv. 19-21: Ciò diventa evidente nella risposta del Signore nei vv. 19-21. In realtà il Signore non ha abbandonato il suo profeta; gli si rivolge direttamente con un invito alla conversione (19b: "tornare a YHWH") e la promessa di riprenderlo come suo profeta (19c-e). Si può ben parlare qui di una "seconda chiamata", come viene confermato dai molti contatti di vocabolario fra il v. 20 e il racconto della prima chiamata (cf. 1,18-19).
Il testo non presenta alcuna risposta da parte di Geremia; viene sottinteso che ha accolto l'invito divino alla conversione e si è rimesso in cammino come profeta (come il resto del libro dimostra). Nell'immagine di Geremia che viene fuori da tutto questo brano i lettori possono vedere bene il "vaso di creta" (cf. 2 Cor 4,7) al quale la chiamata del Signore fedele e misericordioso è rivolta. E ciò non vale solo per il Geremia del testo.
Dopo una lettura rapida di uno dei testi detti "Confessioni di Geremia", esaminiamo adesso un problema ermeneutico postoci da tutta la serie delle Confessioni. Da quale punto di vista conviene leggere questi testi? C'è una chiave di lettura particolarmente adatta e fruttuosa? Per cercare una risposta a queste domande, vediamo prima (2.1) la problematica esegetica di fondo, poi (2.2) consideriamo alcune proposte di lettura globale in vista di questa problematica, e concludiamo (2.3) con alcuni cenni attualizzanti.
La problematica sorge da due osservazioni: (1) nelle Confessioni sembra che abbiamo una riflessione delle esperienze più personali di Geremia durante il suo ministero, e (2) allo stesso tempo il linguaggio delle Confessioni presenta una quantità notevole di contatti con i Salmi. [cf. lo schema dei paralleli]
(1) Il Geremia del testo parla degli intrighi contro di lui, anche dalla
gente di Anatot suo villaggio di origine (11,21) e dalla sua propria
famiglia (12,6).
(2) Lamenta il suo isolamento dalla società (15,17).
(3) Protesta la sua innocenza e insiste sulla sincerità del suo servizio
del Signore (12,3; 15,16-17).
(4) Ha addirittura fatto intercessione per i suoi persecutori (18,20).
(5) Però si sfoga anche con imprecazioni violente contro i suoi nemici
(18,21-23).
(6) Nella sua angoscia arriva al punto di chiedere al Signore di non
perdonare i peccati dei persecutori (18,23).
(7) Descrive la sua situazione con le parole: "...sentivo le
insinuazione di molti: Terrore all'intorno" (20,10a).
(8) Maledice il giorno della sua nascita (20,14-18; cf. già 15,10).
[I punti (5) e (6) pongono il problema più generale di come capire tali imprecazioni nella Bibbia, anche in vista del NT...]
Come risulta dallo schema, gli otto punti sopra (che sembrano a prima lettura così personali) si trovano tutti anche in testi fuori di Geremia (Salmi e Giobbe) e non in rapporto con Geremia. Tali testi (soprattutto i Salmi di lamento [o supplica] individuale) sono testi comunitari, nel senso che qualsiasi orante in Israel può usarli nella preghiera se si trova nella situazione descritta. In altre parole, il linguaggio è in buona parte un linguaggio "pubblica". Ed ecco il problema di fondo: come riconciliare queste due serie di osservazioni riguardo alle "Confessioni di Geremia"? Da una parte i testi sembrano aprirci una finestra all'anima di Geremia, alle sue esperienze più personali; dall'altra parte il linguaggio ha molti tratti pubblici, non unicamente applicabili alla vicenda personale di Geremia.
Il problema è stato notato da parecchio tempo e diverse sono le proposte dei commentatori per offrire una lettura che tenga conto delle due serie di osservazioni sopra. Esaminiamo sinteticamente tre tipi di lettura qui.
Questo tipo di lettura, ancora oggi comune in molti studi su Geremia, ha trovato la sua formulazione classica nella monografia fondamentale di Baumgartner nel lontano 1917. Dopo un esame minuzioso del linguaggio delle Confessioni, il Baumgartner arrivò a due conclusioni: (i) ci sono effettivamente molti contatti con i Salmi (ben più di quelli elencati sopra come esempi); (ii) ma ci sono anche nelle Confessioni un buon numero di testi importanti che non hanno contatti con i Salmi e che esprimono invece situazioni specificamente profetiche (per es. Ger 11,21 "non profetare"; Ger 15,15-21 ["la crisi vocazionale"]; Ger 17,15 [dove gli avversari di Geremia si servono di termini tipici dell'attività profetica]; Ger 20,7; Ger 20,8-9). Questi ultimi testi provano che le Confessioni erano fondamentalmente testi profetici di Geremia. I contatti con i Salmi si spiegano dal fatto che Geremia (di famiglia sacerdotale!) aveva indubbiamente una buona familiarità con la preghiera dei Salmi nel Tempio (a livello orale almeno) e spontaneamente si sarebbe servito della fraseologia dei Salmi orali quando formulava le proprie esperienze.
Conclusione ermeneutica: la lettura autobiografica delle Confessioni è quella più adatta e corretta. Però con la cautela che non possiamo leggere tutti i dettagli come espressione personalissima dell'anima di Geremia, in quanto il linguaggio in parte è convenzionale, pubblico.
Una contestazione radicale della lettura autobiografica è stata formulata da Reventlow nel 1963 in mezzo alla "stagione d'oro" degli studi di generi letterari dell'AT. Per Reventlow i Salmi erano testi che avevano il loro "Sitz im Leben" (contesto nella vita) nella liturgia del Tempio. Dunque le Confessioni di Geremia a causa dei loro numerosi contatti con i Salmi dovevano, anch'esse, essere testi liturgici, nei quali Geremia parla non come individuo ma come profeta in contesto liturgico, dove si esprime cioè come "portaparola" della comunità orante. Così che "l'io" delle Confessioni è in realtà un "io" comunitario che si riferisce a tutta l'assemblea liturgica nel Tempio. Come mediatore liturgico Geremia (1) presenta le sofferenze e le suppliche della comunità al Signore, e (2) annunzia alla comunità le risposte del Signore.
Conclusione ermeneutica: le Confessioni, in quanto testi liturgici di un profeta mediatore cultico, non ci dicono assolutamente niente degli stati d'anima personali di Geremia. Una lettura autobiografica è esclusa dal genere letterario dei testi.
Ricezione della tesi del Reventlow: pochissimi studiosi l'hanno accolta per intero (ci sono infatti vari argomenti di peso contro una lettura esclusivamente liturgica), ma un risultato permanente della tesi è stato quello di sensibilizzare i lettori alla dimensione comunitaria delle Confessioni.
Il terzo tipo di lettura, sempre più comune negli studi degli ultimi decenni, parte dalla costatazione che non ci sono soltanto contatti con testi esterni (Salmi e Giobbe) ma anche diverse tensioni interne nelle Confessioni che si spiegano meglio con l'ipotesi di una composizione attraverso diversi stadi di redazione. Partendo da uno strato di base (che secondo alcuni potrebbe anche venire da Geremia stesso), i testi crescevano con varie riletture della figura di Geremia in chiave comunitaria da parte di redattori postesilici fino a raggiungere la loro forma attuale. Non avendo il tempo di entrare in dettagli della discussione, vediamo subito le conseguenze di questo approccio.
Conclusione ermeneutico: "l'io" originale degli strati di base, riferito alla persona di Geremia, diventò negli strati successivi un "io esemplare o paradigmatica", cioè le vicende del "Geremia del testo" venivano letto come una metafora delle vicende della comunità postesilica: le loro sofferenze e difficoltà nel cercare di vivere secondo la loro vocazione, i loro dubbi, il loro bisogno di una conversione e di una chiamata rinnovata, ecc.
Per un esempio concreto, si veda Ger 15,13-14 dove il testo parla chiaramente delle sofferenze di tutto il popolo di Giuda, eppure questi versetti si trovano adesso in mezzo a un brano che presenta la vicenda personale di Geremia. Sembra proprio che chi ha inserito i vv. 13-14 nel loro posto attuale ha voluto dare una dimensione comunitaria alla tematica di 15,10-21.
I tre tipi di lettura appena notati implicano diverse posizioni riguardo allo studio diacronico delle Confessioni. Se ci trasferiamo in fine nell'orizzonte di studio sincronico, possiamo concludere che il "Geremia" del testo finale delle Confessioni combina aspetti propri del profeta e aspetti interpretativi della comunità dei fedeli del Signore. Il ministero della parola, proprio del profeta, coinvolge anche la comunità in Israele ... e nella Chiesa. In questo modo le Confessioni di Geremia possono accompagnare anche chi oggi e domani viene chiamato al ministero della parola che è la gioia e la letizia del cuore, un ministero però non esente dall'esperienza amara di opposizione e rifiuto, di sofferenze e dubbi, ma che viene sorretto dalla presenza del Signore anche nel buio e nell'angoscia. Lo studio qui abbozzato ci invita anche ad una tale rilettura ecclesiale delle Confessioni di Geremia.