Due nomi di spicco caratterizzano la profezia del periodo esilico –
Ezechiele e il Secondo Isaia. I loro oracoli sono stati poi diversamente
rielaborati e attualizzati nel periodo postesilico, come abbiamo già
visto a proposito del libro di Isaia. Gli inizi del ministero di
Ezechiele erano contemporanei con l'ultima parte dell'attività profetica
di Geremia, e con ogni probabilità il giovane Ezechiele avrà visto e
ascoltato il suo predecessore a Gerusalemme. Non dovrebbe sorprendere
dunque trovare varie somiglianze a livello tematico fra questi due libri,
come del resto fra Ezechiele e Secondo Isaia; ciò nonostante, il libro di
Ezechiele parla con una voce ben propria, per ragioni che vedremo fra
poco.
Nel contesto di tutta la Bibbia cristiana si noterà il forte
influsso del libro di Ez sull'Apocalisse del NT, dove si trovano più di
cento riferimenti (citazioni o allusioni) a Ez.
In questa lezione introduttiva i punti principali sono:
Una bibliografia dei commentari principali dai tempi moderni (post-1800) si trova qui, e un'altra bibliografia di studi generali su Ez qui.
Esamineremo primo (1.1) la strutturazione del libro, poi vedremo (1.2) diversi aspetti letterari, in particolare i generi letterari caratteristici, e infine (1.3) la discussione sulla genesi del libro (storia di redazione).
Nella sua forma finale il libro ha una strutturazione piuttosto chiara (fatto raro fra i libri profetici) con tre parti principali.
(1) capp. 1-24: in prevalenza brani di tonalità negativa (critiche,
minaccie) contro Giuda e Gerusalemme, prima della caduta della città nel
587/86. Alla fine di questa parte il cap. 24 annuncia l'inizio
dell'assedio babilonese a Gerusalemme.
(2) capp. 25-32: oracoli contro nazioni straniere.
(3) capp. 33-48: in prevalenza brani di tonalità positiva (annunci di buon futuro). All'inizio di questa parte (cap. 33) viene annunciata la caduta
di Gerusalemme. Si può proporre uno sviluppo tematico all'interno di
questa parte: capp. 33-37 trattano il rinnovamento del popolo, capp.
38-39 annunciano la distruzione definitiva di tutte le forze ostili al
popolo, e poi i capp. 40-48 presentano un progetto di ricostruzione delle
istituzioni salvifiche (Tempio, Città di Gerusalemme, Terra).
Tre corrispondenze fra la prima parte e la terza parte sembrano confermare la volontà dei redattori di costruire il libro in modo abbastanza sistematico: (1) brani incentrati sul motivo "montagne" nel cap. 6 (a proposito di Israele) e nei capp. 35-36 (a proposito di Seir/Edom e Israele); (2) il tema di "profeta come sentinella" vicino all'inizio delle due parti in questione (3,16-21 e 33,1-9); (3) il tema della Gloria di YHWH nei capp. 1-3 e 8-11 e poi nei capp. 43-44.
Si può notare anche come il libro inizia con una grande visione in Babilonia (capp. 1-3) e finisce con una grande visione a proposito di Gerusalemme (capp. 40-48). Dalla Babilonia a Gerusalemme!
Notiamo primo (1.2.1) due caratteristiche generali del libro, e poi (1.2.2) vedremo i generi letterari caratteristici.
Colpisce in primo luogo il fatto insolito che tutto il libro di Ez viene presentato in prima persona singolare dalla voce del profeta (il "profeta del testo", s'intende). La sola eccezione si trova a 1,3 che parla di Ezechiele in terza persona (l'unica altra ricorrenza del nome personale del profeta si trova in un discorso di YHWH a 24,24). Con tante ricorrenze dell'io del profeta c'è una forte presenza letteraria di "Ezechiele" nel libro; però, in contrasto con il libro di Ger, non è affatto facile per i lettori costruirsi un'immagine della persona del profeta qui.
Secondo, parecchi brani nel libro sono datati con grande precisione cronologica (anno, mese e giorno); esamineremo questa cronologia fra poco, basti notare qui non c'è niente di simile (per l'estensione del fenomeno) nei libri di Is e Ger.
Lasciando a parte i generi comuni che si trovano dappertutto nella letteratura profetica (oracoli di giudizio, parole di "guai", annunci di buon futuro, ecc.), notiamo qui sei generi che attirano l'attenzione dei lettori del libro di Ez.
(1) ci sono parecchi racconti di visioni, spesso con immagini forti e qualche volta anche bizarre: cf. capp. 1-3; 8-11; 37,1-14; 40-48.
(2) parecchi racconti di azioni simboliche, alcune piuttosto strane: cf. in particolare i capp. 4-5.
(3) il genere di "disputa profetica", con gli elementi caratteristici di una citazione delle parole del popolo o degli oppositori del profeta seguita da una risposta del profeta che dimostra l'errore di tali parole: cf. 11,2-12.14-17; 12,21-25.26-28; ecc.
(4) l'uso di parabole o allegorie ampiamente sviluppate: cf. cap. 15 (la vigna) e cap. 17 (l'aquila); i capp. 16 e 23 (due presentazioni allegoriche della storia religiosa di Israele in termini della metafora sponsale con l'uso di immagini erotiche talvolta assai crude: capitoli molto discussi nell'interpretazione femminista degli ultimi anni).
(5) l'uso di motivi di probabile origine mitologica in brani come i capp. 28 e 31.
(6) generi caratteristici dell'ambiente sacerdotale, sia di tipo legale (cf. il cap. 18) che di tipo rituale (spesso nei capp. 40-48).
Mentre nel caso di Is e di Ger la discussione diacronica sulla formazione dei libri era già in pieno svolgimento alla fine del 19º sec., la situazione di Ez era diversa. La chiara strutturazione, che abbiamo visto sopra, e il linguaggio tipico che sembra pervadere quasi tutto il libro hanno fatto sì che parecchi studiosi critici anche all'inizio del 20º sec. concludevano che il libro di Ez era essenzialmente l'opera del profeta stesso. Tale posizione è difesa ancora oggi nel commentario importante di Moshe Greenberg (di cui si aspetta ancora il terzo volume), che offre una lettura "olistica" del libro di notevole efficacia.
La grande maggioranza degli studiosi odierni però è convinta che, anche nel caso di Ez, bisogna pensare ad una formazione del libro attraverso diversi stadi di lavoro redazionale e lungo un certo numero di anni. Come al solito, non c'è un accordo sui dettagli, ma sulla posizione di base sì. Infatti un'analisi attenta dei singoli brani fa vedere molti problemi (repetizioni, incoerenze grammaticali e contenutistiche a livello di dettagli, brani di prosa che interrompono testi poetici, ecc.), la cui spiegazione più convincente sembra a molti studiosi essere quella di indizi di una storia di redazione.
Il grande commentario classico di Walther Zimmerli (completato nel 1969) ha proposto un modello di "rielaborazione" ["Fortschreibung"], che è stato accolto da molti in seguito. Si tratta della tesi di "rielaborazione moderata". Già durante l'attività di Ezechiele fra i deportati in Babilonia c'era un gruppo di discepoli intorno al profeta che accoglievano i suoi oracoli e le sue spiegazioni (cf. Ez 18 e 33,1-20). Questi discepoli avranno messo per iscritto diversi materiali e il processo di riflessione sulle parole del profeta continuò anche dopo la sua morte. Così, pian piano, in un ambiente di "scuola profetica" (in senso largo), il libro andava formandosi lungo alcune generazioni. Secondo Zimmerli più della metà del libro attuale viene da Ezechiele stesso.
Alcuni studiosi più recenti (Pohlmann ed altri) preferiscono un modello più radicale di "rielaborazione", nel quale la parte attribuibile ad Ezechiele stesso viene ridotta in modo notevole e la parte attribuita ai redattori postesilici viene aumentata.
Per la finalità di questo corso non è necessario entrare ulteriormente nei dettagli della discussione tuttora in corso fra fautori della tesi "olistica" (in minoranza) e quelli che preferiscono il modello di "rielaborazione" (sia in forma più moderata che in forma più radicale).
Presupponendo un lavoro di critica storica sulla base di uno studio diacronico dei testi del libro, affrontiamo adesso la questione di che cosa si possa dire sul ministero del profeta (2.1), e poi (2.2) sui dati personali presentati dal libro.
Iniziamo con le questioni di cronologia (2.1.1) sulla durata del suo ministero, poi vedremo la discussione sul luogo del ministero (2.1.2), e infine aggiungiamo pochi accenni sintetici sulle grandi linee del messaggio del profeta (2.1.3), che verrà approfondito nelle lezioni successive.
Abbiamo già notato la presenza di molte note cronologiche precise nel libro (14 o 15 in tutto), che situano gli oracoli e le visioni secondo anno, mese e giorno. Cf. per esempio Ez 8,1, dove la visione viene datata al "sesto anno, sesto mese, quinto giorno". Gli anni sono calcolati dalla deportazione del giovane re Ioiachin nel 597 (così la maggioranza degli studiosi adesso), per cui il "sesto anno" sarebbe 592-591 (gli anni andavano da primavera a primavera). Con l'inizio dell'anno nel nostro Marzo o Aprile, il "sesto mese" cade fra il nostro Agosto e Settembre.
L'essenziale in ogni caso è il sistema di date relative nel libro, dove la data più antica si trova a Ez 1,2 (5º anno: 593-592) e quella più recente a 29,17 (27º anno: 571-570). Ciò sembra storicamente attendibile e ci consente di datare il ministero di Ezechiele dal 593 (dopo la prima deportazione ma prima della caduta finale di Gerusalemme ai Babilonesi) fino al 571 almeno (e forse anche dopo, solo che di questo non c'è evidenza certa).
Excursus sul problema del "trentesimo anno" (Ez 1,1)
A questo punto conviene aprire un excursus su un problema particolare: che significa la menzione del "trentesimo anno" (Ez 1,1) come data della grande visione dei capp. 1-3? Il versetto seguente offre la data "l'anno quinto della deportazione del re Ioiachin" (1,2: seguendo il sistema comune nel libro). Apparentemente le due date si riferiscono alla stessa visione che viene descritta subito (1,3ss). Come spiegare questa doppia cronologia? Il problema è stato notato già nell'antichità e diverse sono le proposte di spiegazione che si possono dividere in due categorie:
(1) La data in Ez 1,1 si riferisce alla chiamata del profeta così come
la data in 1,2, solo che da un altro punto di vista.
Origene, seguito anche da diversi studiosi contemporanei, pensava che il
"trentesimo anno" si riferiva all'età di Ezechiele al momento della
chiamata, non agli anni calcolati dalla deportazione del re Ioiachin. C'è
forse un'allusione alla prescrizione di Num 4,3 che stabilisce l'età di
30 anni come età per iniziare il ministero dei leviti (Ezechiele era
sacerdote!). Si trova una variante di questo tipo di soluzione nella
spiegazione del Targum e di Gerolamo, che pensano che Ezechiele ha
ricevuto la sua chiamata 30 anni dopo la riforma del re Giosia nel 622.
(2) Le due date nel 1,1-2 si riferivano originariamente a due
avvenimenti diversi.
Alcuni studiosi contemporanei sono dell'avviso che bisogna cercare una
spiegazione della doppia datazione nel quadro della storia redazionale
del libro. Secondo questa teoria, la data del 30º anno si riferiva
originariamente solo alla visione della Gloria di YHWH nel cap. 1 e
3,12-15, mentre la data del 5º anno della deportazione si riferiva
originariamente solo al racconto della chiamata (2,1–3,11*). Un redattore
avrebbe poi spostato il racconto della visione al primo capitolo per dare
l'inquadramento impressionante di una grande visione al racconto della
vocazione (cf. Is 6). Tale spostamento avrebbe creato dunque il problema
della doppia datazione. La visione ha realmente avuto luogo nel 30º anno
della deportazione (568-567), e ciò sarebbe la data più recente nel
sistema cronologica del libro.
La discussione continua intorno a queste diverse proposte. [fine dell'Excursus]
A prima vista le indicazioni del libro sono chiare. Secondo 3,15 la chiamata di Ezechiele ha avuto luogo nella Babilonia vicino ad una località di nome "Tel Aviv" (ca. 150 km sud-est di Bagdad). Lì Ezechiele, deportato nella prima deportazione del 597, ha ricevuto la sua chiamata nel 593 (1,2). Vari altri testi nel libro lo mostrano in mezzo ai deportati (cf. 8,1; 14,1). Dunque chiamata e ministero nella Babilonia fra i deportati.
Per alcuni studiosi però non tutto è chiaro, in quanto la maggior parte degli oracoli di Ez si riferiscono a Giuda e Gerusalemme, non alla situazione dei deportati, e ci sono alcuni testi che nella redazione attuale parlano di visite del profeta a Gerusalemme in visione (capp. 8-11). Secondo alcuni di loro la spiegazione migliore sarebbe di pensare che Ezechiele avrebbe avuto la sua chiamata realmente a Gerusalemme nel 593 e avrebbe svolto il suo ministero lì fino alla caduta della città, dopo di che sarebbe stato deportato in Babilonia nella seconda deportazione del 587/586 e avrebbe continuato il suo ministero fra i deportati. La presentazione nel testo attuale del libro (chiamata e tutto il ministero nella Babilonia) sarebbe frutto di una rilettura che voleva privilegiare i deportati di fronte alla gente rimasta in Giuda.
Il problema è complesso, ma la tendenza odierna è di rimanere con i dati espliciti del libro e dunque di pensare ad una chiamata nella Babilonia e poi un minstero svolto interamente lì. L'interesse prevalente nella situazione di Gerusalemme si spiega considerando le grandi linee del messaggio del profeta.
È importante tener in mente la situazione dei deportati della prima deportazione (597). Potevano comunicare con la gente rimasta a Gerusalemme e in Giuda sotto il re Sedecia tramite lettere e messaggeri (cf. Ger 29), e probabilmente avevano la speranza di tornare in patria dopo non molti anni (i re di Babilonia infatti non praticavano una politica di deportazioni sistematiche come invece facevano gli Assiri prima di loro). E poi anche a Gerusalemme c'erano dei profeti che annunciavano un ritorno dei deportati (cf. Anania in Ger 28). Soltanto dopo la caduta della città nel 587/586 si capiva la vanità di tali speranze. Questo sfondo rende intelligibile la netta divisione in due parti del messaggio di Ezechiele e anche la focalizzazione sulla situazione di Gerusalemme.
(1) Dalla sua chiamata nel 593 fino al 587/586 il compito principale di Ezechiele era di insistere con grande forza che il peggio era ancora da venire; che la gente di Gerusalemme e di Giuda con il loro re Sedecia, ancora proseguendo nell'infedeltà verso YHWH, non solo non dovevano illudersi con false speranze ma che dovevano cambiare strada e abbandonare i tentativi di rivolta contro la Babilonia. Questo messaggio duro per Gerusalemme aveva naturalmente anche delle implicazioni per i deportati del 597; anche loro dovevano abbandonare le speranze illusorie di un ritorno fra breve.
(2) Dopo la catastrofe del 587/586 il messaggio del profeta cambia. Da profeta di giudizio diventa profeta di speranza per un popolo disperato, come vediamo soprattutto nei testi più antiche dei capp. 33-48.
Come nel caso di Isaia, anche per Ezechiele l'informazione personale sul profeta è decisamente scarsa. Secondo 1,3 era sacerdote e figlio di un certo Buzi (sconosciuto). Il fatto dell'origine sacerdotale con la formazione normale dei sacerdoti ha lasciato una traccia fortissima nel libro, come vedremo nelle lezioni successive. Ezechiele era sposato (come Isaia ma in contrasto con Geremia); la sua amatissima moglie morì in Babilonia negli ultimi giorni dell'assedio di Gerusalemme nel 587/586 (24,15ss) e Ezechiele ricevette da Dio il duro ordine di non praticare i normali riti di lutto per lei, come atto simbolico per indicare alla gente che fra poco ci sarebbe ragione di lutto molto più grande (la caduta di Gerusalemme).
Per il resto la persona di Ezechiele ci è nascosta dietro suo messaggio (formulato in modo assai caratteristico come vedremo, con mescolanza di preoccupazioni sacerdotali e urgenza profetica). Non sappiamo niente della fine della sua attività profetica nè della sua morte (prescindendo da leggende molto tardive). Ancora una volta dobbiamo costatare che lo scopo dei libri profetici non è quello di fornirci biografie spirituali dei profeti.