Iniziamo una serie di lezioni sul libro di Isaia, che fra i libri profetici è senz'altro quello più letto e più commentato già dall'antichità nel Giudaismo e nel Cristianesimo. I punti principali per questa lezione sono:
Una bibliografia dei commentari principali su tutto il libro di Isaia si trova qui, mentre la bibliografia specifica della lezione si trova qui.
Negli ultimi venti anni lo studio del libro d'Isaia ha subito grandi cambiamenti. Per poter capire meglio questi nuovi approcci, conviene percorrere sinteticamente le grandi tappe della storia dello studio del libro dai primi studi critici (1.1) e la reazione del Magistero cattolico (1.2) fino agli sviluppi odierni (1.3).
Nella tradizione giudaica e cristiana dagli inizi praticamente fino al Settecento il libro veniva attribuito per intero al profeta Isaia di Gerusalemme che visse nel 8º sec., qualche decennio dopo Amos.
Anche se uno dei grandi commentatori ebraici del Medio Evo, Ibn Ezra (1092-1167), ha accennato alla possibilità di un altro autore per i capp. 40 e seguenti, e Baruch Spinoza (1632-1677) ha appoggiato questa tesi, si trattava di voci isolate. Soltanto nell'ultimo quarto del 18º sec. la teoria di una pluralità di autori profetici nel libro di Isaia cominciò ad attirare l'attenzione di un certo numero di studiosi protestanti tedeschi, come J. C. Döderlein e J. G. Eichhorn. Durante il 19º sec. l'idea che i capitoli Is 40ss debbano essere attributiti a un autore dell'epoca dell'esilio babilonese (il cosiddetto Deutero-Isaia o Secondo Isaia) diventa sempre più seguita fra gli studiosi protestanti, anche se un certo gruppo fra di loro manteneva la tesi tradizionale di un unico autore.
La tesi della pluralità di autori riceve la sua forma classica nel influente commentario su Isaia di Bernhard Duhm (1847-1928), apparso in prima edizione nel 1892. Duhm proponeva di distinguere ulteriormente nella seconda parte di Isaia due sezioni diverse: i capp. 40-55 (in gran parte l'opera del profeta esilico, Deutero-Isaia) e i capp. 56-66 (l'opera, secondo Duhm, di un profeta postesilico, detto Trito-Isaia o Terzo Isaia). Tale divisione tripartita del libro è rimasto nello studio del libro fino ad oggi (con le modifiche che vedremo).
Soltanto negli ultimi anni del 19º sec. e i primi anni del 20º sec. alcuni pochi studiosi cattolici cominciarono ad interessarsi delle teorie di Duhm e altri studiosi protestanti. Era l'epoca della crisi Modernista, un tempo poco propizio per lo studio storico della Bibbia. Nel 1902 fu fondata la Pontificia Commissione Biblica, che intervenne nella questione dell'autore del libro d'Isaia con una serie di cinque Risposte nel 1908 (cf. Denzinger-Hünermann 3505-3509 oppure Enchiridion Biblicum 276-280). Secondo la Commissione, gli argomenti proposti per una pluralità di autori non erano sufficienti per allontanarsi dalla tesi tradizionale di un unico autore per tutto il libro. Un periodo difficile per i biblisti cattolici che volevano interessarsi degli studi storici dell'AT e del NT seguì negli anni successivi.
La svolta iniziò con l'enciclica Divino afflante spiritu di Pio XII pubblicata nel 1943, che non solo permetteva ma incoraggiava l'uso dei metodi storici e filologici nello studio della Bibbia. Nei decenni successivi si vedeva sempre più chiaramente che bisogna distinguere attentamente fra questioni dogmatiche (l'ispirazione delle Scritture) e questioni storiche e letterarie (autori e redattori). Già prima del Vaticano II dunque gli esegeti cattolici avevano piena libertà di opinione nelle discussioni intorno agli autori del libro d'Isaia.
Gli studiosi contemporanei reagiscono sempre di più contro una comprensione semplicista del libro d'Isaia, come se fosse una raccolta di tre libri separati e indipendenti. Questa reazione prende due direzioni metodologiche.
Primo, nell'ambito del metodo di storia redazionale, ci si rende conto che non è possibile attribuire le tre parti del libro semplicemente a tre periodi storici diversi (8º sec., tempo dell'esilio, periodo postesilico). Al contrario, c'è ormai un largo consenso che nella prima parte del libro (capp. 1-39, detto il Proto-Isaia) abbiamo testi che provengono sia dal 8º secolo (il tempo di Isaia stesso) che da secoli successivi fin dentro il periodo postesilico (epoca persiana e forse anche ellenistica, secondo alcuni). Nella seconda parte del libro (capp. 40-55, il Deutero-Isaia) abbiamo testi dal tempo dell'esilio ma anche dal periodo postesilico, mentre nella terza parte del libro (capp. 56-66, il Trito-Isaia) abbiamo testi probabilmente solo dal periodo postesilico.
Secondo, nell'ambito degli studi della forma finale del libro (una novità degli ultimi venti o trenta anni), ci si rende conto delle molte interconnessioni fra le tre parti del libro a livello lessicale, tematico e teologico. Il libro ha una certa sua unità, non di autore ma di composizione; una unità non perfetta, certamente, ma comunque da non trascurare.
In conseguenza, la sfida odierna per gli studi isaiani è di comprendere meglio sia gli aspetti sincronici che gli aspetti diacronici del libro, senza unilateralismi da una parte o dall'altra.
Iniziando dalla prima parte del libro vedremo adesso le sue grandi divisioni, lasciando per più avanti nel corso la presentazione generale delle altre due parti del libro.Verranno indicate anche le parti che possono riflettere il tempo di Isaia (8º sec.), almeno con un certo grado di probabilità (sapendo però che raramente gli studiosi sono tutti d'accordo sui dettagli della datazione di testi).
La delimitazione di questa prima sezione viene accettata da tutti. Infatti, la tonalità stessa della dossologia o inno del cap. 12 suggerisce che abbia la funzione di una conclusione, che viene confermata dal cambiamento totale di tematica nel cap. 13. Il cap. 1 ha la funzione di brano programmatico (forse insieme con 2,1-4), in quanto introduce molti temi importanti di tutto il libro (e non solo dei capp. 1-39). I capitoli che seguono hanno, per lo più, una tonalità critica nei riguardi di Giuda e Gerusalemme, anche se non manca qualche brano di promessa (cf. 9,1-6 e 11,1-9). Una buona parte dei materiali nei capp. 1-12 potrebbe riflettere la predicazione di Isaia stesso, ma con ogni probabilità ci sono pure dei brani esilici e postesilici in questi capitoli.
Quasi tutti i testi qui sono degli oracoli concernenti altri popoli (oracoli contro le nazioni), e in molti casi i riferimenti storici nei testi ci orientano verso una datazione esilica o postesilica. Solo pochi brani potrebbero venire dal tempo di Isaia (forse la fine del cap. 14, e alcune parti dei capp. 17, 18, 20, e 22).
Alcuni studiosi preferiscono unificare questi capitoli con i capp. 13-23 in una grande sezione capp. 13-27, e a livello della forma finale del testo ci sono delle buone ragioni per questo. Più spesso però i capp. 24-27 vengono trattati a parte sotto il titolo "La Grande Apocalisse di Isaia", dicitura inesatta in realtà perchè (come vedremo più avanti nel corso) le caratteristiche del genere letterario "apocalisse" non si trovano qui; si tratta piuttosto di testi fortemente escatologici ma non apocalittici. Come datazione, quasi tutti gli studiosi propongono l'epoca postesilica (e per un buon numero di loro, addirittura il tempo ellenistico). Niente di Isaia del 8º sec. qui.
Invece nei brani di questi capitoli ci troviamo di nuovo nell'atmosfera di critica politica con riferimenti alla congiuntura politica internazionale del 8º sec. Per questo motivo molti studiosi sono pronti a vedere un'origine isaiana per parecchi brani qui.
Il cap. 33, da alcuni chiamato una "liturgia profetica", ha certi legami con i capp. 28-32 ma anche con i capitoli seguenti; in ogni caso si tratta di un testo post-isaiano. I capp. 34-35, da alcuni descritti (di nuovo inesattamente) come "La Piccola Apocalisse di Isaia", costituiscono una raccolta di testi escatologici in parte forse dall'epoca esilica o comunque postesilica; da sottolineare i molte contatti letterari e teologici fra il cap. 35 e il Deutero-Isaia (capp. 40 sqq.).
Qui abbiamo il blocco più consistente di materiale narrativo nel libro di Isaia. Questi capitoli raccontano le vicende del re Ezechia e del profeta Isaia al tempo della grande crisi dell'assedio di Gerusalemme da parte degli Assiri sotto il re Sennacherib nel 701 a.C. Questi testi, che hanno paralleli molto stretti con 2 Re 18-20, non sono una semplice cronaca contemporanea ma contengono un forte componente teologico (teologia di Sion) che suggerisce una composizione dopo il tempo di Isaia.
Anche se bisogna insistere che lo scopo principale di uno studio del
libro di Isaia non è di elaborare una biografia del profeta, può essere
utile almeno a livello di ipotesi di lavoro avere una certa idea del
ministero di Isaia nelle circostanze del suo tempo. Nella presentazione
che segue si presuppone una conoscenza della storia generale del 8º sec.
presentata già nella Prima Unità del corso.
Iniziamo (3.1) con un accenno ai problemi metodologici di una ricostruzione storica in questo caso, poi (3.2) notiamo i pochi dati personali riguardanti Isaia, e infine (3.3) vedremo le fasi (probabili) della sua attività profetica.
Una ricostruzione del ministero di Isaia presuppone anche uno studio storico-redazionale di tutti i testi del libro, per poter identificare quali testi possano riflettere il tempo di Isaia e perciò possano servire come base della ricostruzione. Il problema è che gli studiosi non sono affatto d'accordo sui dettagli di una storia redazionale del libro (o dei capp. 1-39). Le indicazioni offerte sopra riguardanti la datazione delle singole sezioni rappresentano forse una via di mezzo nella discussione, e su questa via di mezzo verrà basata la presentazione che segue. Non sfugge a nessuno però che si tratti un'ipotesi che non trova il consenso di tutti. Da una parte abbiamo un gruppo di studiosi che riducono drasticamente il contributo di Isaia nei capp. 1-39 (per es. il commentario di O. Kaiser). Dall'altra parte ci sono alcuni pochi studiosi che attribuiscono a Isaia quasi tutti i testi nei capp. 1-33 (così gli americani Hayes e Irvine). Qui non possiamo entrare in discussione con questi due estremi, ma procederemo sulla base di una via di mezzo.
Come per quasi tutti i profeti, anche per Isaia abbiamo veramente poche informazioni di tipo personale. Ciò è un chiaro segno che i redattori ispirati che hanno composto i libri profetici non avevano come primo scopo presentare una biografia del profeta. Comunque di Isaia si sa qualcosa della sua famiglia e della sua posizione nella società di Giuda del suo tempo.
Figlio di Amoz (Is 1,1: nessuna connessione con il profeta Amos!), Isaia fu sposato con una "profetessa" (8,3), forse una donna che aveva una funzione profetica nel culto del tempio di Gerusalemme (cf. la figura di Culda [Hulda] un secolo dopo al tempo di Geremia: 2 Re 22). La coppia aveva almeno due figli, che nel libro ricevono nomi simbolici, portatori cioè di messaggi profetici: "Sear-iasub" (7,3: "è soltanto un resto che ritornerà") e "Maher-salal-cash-baz" (8,1-4: "bottino pronto, saccheggio prossimo").
Per quanto riguarda la posizione di Isaia nella società del suo tempo, si è d'accordo nel vederlo originario della città di Gerusalemme (dove con ogni probabilità svolse tutto il suo ministero), e apparente alle classi più istruite della città (come testimonia l'ottima qualità letteraria dei suoi oracoli e l'ampia conoscenza della situazione internazionale che vi traspare).
Secondo la sovrascritta del libro (1,1) il ministero di Isaia si svolse durante il tempo di quattro re di Giuda: Ozia, Iotam, Acaz, e Ezechia. Se possiamo prendere la grande visione del cap. 6 come la visione inaugurale dell'attività profetica di Isaia (ma questa tesi è discussa, come vedremo), allora Isaia avrebbe iniziato il suo ministero "nell'anno in cui morì il re Ozia" (6,1). Purtroppo la cronologia di questi quattro regni è molto discussa e non c'è assolutamente accordo fra gli specialisti. Non entriamo in queste discussioni qui; basta notare che il re Ozia morì intorno all'anno 740 o 735, e che dunque Isaia avrebbe potuto iniziare la sua attività profetica intorno a quegli anni.
Secondo alcuni studiosi una prima fase del ministero d'Isaia avrebbe avuto luogo negli anni fra la sua chiamata e lo scoppio della guerra Siro-Efraimita ca. 734. Il tema principale dei suoi interventi allora sarebbe stato la critica sociale (cf. i brani pertinenti nei capp. 2–3, 5 e 9,7–10,4). Inoltre, alcune parti del cap. 1 potrebbero venire da questa prima fase, ma certamente non tutto il capitolo.
In ogni modo è certo l'intervento di Isaia durante la crisi di questa guerra. Cf. i capp. 7-8 e anche 17,1-6 e 28,1-4. Tema dominante adesso è la critica politica, nel senso di una comunicazione della parola di YHWH per guidare le decisioni politiche del re di Giuda: il re Acaz viene incoraggiato a non fidarsi delle manovre e delle alleanze politiche con l'impero assiro per avere sicurezza per Gerusalemme e Giuda, la sicurezza del popolo viene solo da una fiducia totale in YHWH. Di fronte al rifiuto del re di accogliere tale messaggio (Is 7,1-17) Isaia annunzia che gli Assiri chiamati in aiuto dal re si riveleranno in realtà come un mezzo per punire re e popolo di Giuda (8,5-8). Secono alcuni studiosi, Isaia avrebbe anche annunziato la nascita di un futuro re davidico che, a differenza di Acaz, sarebbe fedele a YHWH (8,23-9,6).
Dopo il fallimento del suo tentativo di convincere il re Acaz a fidarsi della protezione di YHWH, sembra che Isaia sia rimasto quasi silenzioso per diversi anni, nonostante gli avvenimenti drammatici della caduta del regno del Nord (presa di Samaria da parte degli Assiri nel 722/1). Almeno gli studiosi non riescono a datare degli oracoli in quegli anni con poche eccezioni (cf. 14,28-32).
Per un suo nuovo intervento nella vita pubblica bisogna attendere il regno del figlio di Acaz, Ezechia, e precisamente negli anni 713-711 quando Ezechia insieme con diversi altri re dei piccoli stati circostanti tentò di organizzare una ribellione contro l'Assiria, sperando in un aiuto dall'Egitto. Come nel tempo della crisi Siro-Efraimita, il messaggio profetico di Isaia insiste sull'inutilità di alleanze politiche e sulla necessità di fidarsi in YHWH solo. Come allora, anche adesso non viene ascoltato, anzi viene schernito (28,7ss). Gli avvenimenti provano la correttezza del messaggio del profeta: la ribellione viene schiacciato dagli Assiri. Ezechia, a quanto pare, si è ritirato in tempo (forse anche a causa delle parole di Isaia?) e non viene punito dagli Assiri.
Dopo la morte del re assiro Sargon nel 705 gli stati vassalli del Ovest tentarono ancora una volta a ribellarsi contro il suo successore Sennacherib, e Ezechia di Giuda si associò con loro. Di nuovo Isaia intervenne (cf. diversi testi nei capp. 30-32), sottolineando la follia di aspettare aiuto dall'Egitto: "Guai a quanti scendono in Egitto per cercar aiuto... L'Egiziano è un uomo e non un dio, i suoi cavalli sono carne e non spirito" (Is 31,1-3). Questa volta Ezechia perseverò nella ribellione e veniva castigato duramente da Sennacherib (devastazione di Giuda e assedio di Gerusalemme nel 701). Gli Assiri non distrussero la città e gli abitanti facevano festa per celebrare la loro salvezza; Isaia invece lamenta la loro superficialità e mancanza di comprensione degli avvenimenti (cf. 22,1-14).
Dopo questi eventi drammatici del 701 non c'è evidenza di ulteriori interventi profetici di Isaia. Nulla si sa della fine della sua vita. Non c'è base storica nella Bibbia per la leggenda molto tardiva della sua morte come martire sotto l'impio re Manasse.