Nelle lezioni precedenti abbiamo visto come le tre parti del libro d'Isaia hanno le loro proprie caratteristiche sia letterarie che teologiche. In questa lezione conclusiva vogliamo riprendere un tema accennato nella prima lezione su Isaia che attira grande interesse negli studi contemporanei, e cioè i contatti e le relazioni fra le tre parti del libro. Guardiamo adesso al libro come un'unità composizionale che è un'unità sui generis, non l'unità come l'avrebbe potuto creare un autore solo ma un'unità composizionale che evidenzia, cioè, una certa coesione e coerenza (non al 100%) elaborata da redattori su materiali che venivano da molte diverse voci profetiche, cominciando da quella di Isaia stesso del 8º sec. Cerchiamo di vedere la questione della composizione del libro sia dal punto di vista sincronico che di quello diacronico.
I punti principali sono:
Una bibliografica specifica sul tema si trova qui. Fra i commentari su Isaia (qui) possono avere un interesse particolare per il tema della lezione quelli scritti da autori che hanno commentato l'intero libro.
Per maggior oggettività si vuole qui rimanere il più possibile sul livello dei contatti linguistici espliciti, senza voler naturalmente negare l'esistenza di contatti a livello tematico concettuale. Per comodità verranno usate le sigle I-Is, II-Is, e III-Is per indicare rispettivamente i capp. 1–39, 40–55, e 56–66 del libro d'Isaia. Si tratterà sempre di una scelta di fatti testuali, non di una presentazione completa. Inizieremo (1.1) con alcuni contatti fra I-Is e II-Is, poi passeremo (1.2) ai contatti fra I-Is e III-Is, e finiremo (1.3) notando alcuni contatti fra le tre parti del libro (tralasciamo i contatti fra II-Is e III-Is che sono moltissimi e da sempre notati: cf. il lavoro massiccio del Wieringen).
Nel II-Is, soprattutto nei capp. 40-48 ma non solo lì, c'è una massiccia presenza testuale della Babilonia. Ciò che è significativo per il discorso sull'unità composizionale del libro è di notare come questo ruolo della Babilonia nel II-Is viene preparato nel I-Is. Vediamo due esempi di questa preparazione.
(1) Il primo esempio riguarda la funzione dei testi concernenti la Babilonia nella collezione degli oracoli contro le nazioni (Is 13–23). Infatti la collezione si apre precisamente con una lunga sezione (13,1–14,23*) a proposito della Babilonia. Per il lettore che viene dalla lettura dei capp. 1–12 questa posizione di spicco data ai materiali riguardanti la Babilonia è davvero sorprendente, perchè la Babilonia non ha avuto praticamente nessun ruolo nei capp. 1–12, dove al contrario il grande e temuto nemico è l'Assiria. Soltanto dopo aver letto il resto del libro si è in grado di capire perchè Babilonia viene messa in risalto qui. Ciò viene ancora rafforzato quando si nota che nel cap. 21 (vv. 1-10) c'è un oracolo addirittura sulla caduta di Babilonia e la rovina delle sue divinità.
(2) In secondo luogo notiamo la posizione della Babilonia negli ultimi capitoli del I-Is. I brani in gran parte narrativi dei capp. 36–39 iniziano con l'attacco degli Assiri contro Gerusalemme (gli avvenimenti del 701 a.C.), raccontato ed interpretato nei capp. 36–38, ma seguito da un capitolo alquanto misterioso a prima lettura (cap. 39) che racconta come il re Ezechia abbia accolto amichevolmente un'ambasceria dalla Babilonia e come il profeta Isaia l'abbia rimproverato per questo, annunziando i mali futuri che la Babilonia infliggerà sulla casa del re e su tutta il popolo di Giuda. Subito dopo nel cap. 40 il testo fa un salto di più di un secolo e ci troviamo nel periodo dopo l'invasione dei Babilonesi e la deportazione dei capi di Giuda. Cioè, il cap. 39 si rivela come una preparazione immediata per tutto il discorso sulla Babilonia nei capp. 40 e seguenti.
Il racconto del cap. 39 non è l'unico testo ad aver una funzione preparativa nei riguardi dei capp. 40ss; una funzione analoga c'è l'ha anche il cap. 35, l'ultimo capitolo prima del blocco narrativo dei capp. 36–39. Infatti la poesia del cap. 35 ha molte somiglianze con i brani del II-Is (tema della trasformazione del deserto in una strada processionale per il ritorno degli israeliti in patria; l'uso del tema del esodo; l'uso del motivo dei ciechi e sordi). Notiamo in particolare i contatti con il cap. 40: il motivo di "vedere la gloria del Signore" (35,2; 40,5); la frase "Dite ... ecco il vostro Dio" (35,4; 40,9).
Contatti fra il I-Is e il cap. 40, appena notati nel cap. 35, sono ancora più impressionanti nel caso del cap. 6, come diversi studiosi hanno da tempo notato. Infatti (1) sia il cap. 6 che il cap. 40 parlano di una straordinaria recezione della parola divina (nel cap. 6 tramite una visione, nel cap. 40 tramite un ascolto ugualmente eccezionale); (2) ambedue i testi menzionano delle "voci" celesti che "gridano" (6,4; 40,3) e "dicono" (6,8; 40,6); (3) ambedue si riferiscono alla "gloria" di Dio (6,3; 40,5) – e si noterà che la menzione della gloria divina è assai rara nel I-Is (6,3; 24,23; 35,2).
A livello di una lettura sincronica della forma attuale del libro questi contatti hanno l'effetto di creare un rapporto speciale fra il cap. 6 e il cap. 40, sottolineando così due aspetti fondamentali del messaggio di tutto il libro, cioè, l'annunzio di un giudizio divino (cf. 6,9-13*) e l'annunzio di un nuovo inizio dopo la calamità storica (40,1-2). I due aspetti devono essere tenuti in mente nella lettura del libro, e i contatti letterari fra il cap. 6 e il cap. 40 rafforzano quest'appartenenza: gli aspetti di "consolazione" (40,1) e salvezza (gran parte del II-Is) non devono far dimenticare gli aspetti di indurimento e di giudizio, e vice versa.
Nella presentazione del III-Is abbiamo già visto come diversi generi letterari, ben presenti nel I-Is, ritornano nel III-Is mentre sono praticamente assenti nel II-Is; si tratta soprattutto di brani di critica sociale e di critica cultica. Dobbiamo accontentarci di questo accenno qui e ci limitiamo a presentare un po' più dettagliatamente i contatti fra Is 1,2–2,5 e il III-Is (in particolare i capp. 65–66).
Nel testo programmatico che apre il libro d'Isaia (1,2-31 e 2,1-5) abbiamo una preparazione di molti temi di tutto il libro (e non solo dei capp. 1–39) e i contatti con il III-Is sono particolarmente impressionanti. La denuncia dei peccati sociali e cultici in 1,10-17 ha molto in comune con diversi brani nei capp. 56–59. L'annunzio di un giudizio divino che eliminerà gli infedeli dalla comunità e purificherà i fedeli (1,21-26) anch'esso ci porta vicino alla distinzione fra pii e malvagi all'interno della comunità che abbiamo visto come tipica del III-Is. Anche la polemica contra l'idolatria nel 1,29-31 ritorna nel III-Is in vari testi (per es. 57,3-10; 65,1-7). Infine si noterà come l'insistenza sul motivo di "Sion" in 1,21-26 e poi soprattutto nel 2,1-5 prepara la grande teologia di Sion che troviamo in vari testi del III-Is soprattutto nei capp. 60–62.
Parecchi studiosi hanno notato una particolare densità di contatti lessicali e tematici fra il cap. 1 e i capp. 65–66, così che si possa parlare fino a un certo punto di una inclusione fra l'inizio e la fine del libro. I contatti lessicali sono una settantina (certo non tutti ugualmente significativi ma comunque la quantità è impressionante). Più impressionante ancora è la ricorrenza di alcuni motivi rari (per esempio, il riferimento a un culto idolatrico che si svolge nei giardini: cf. 1,29 e 65,3 con 66,17: non si trova così altrove nell'AT). Notiamo solo due altri esempi: (1) "cieli e terra" vengono apostrofati nel 1,2, e alla fine del libro si annunciano i "nuovi cieli e nuova terra" (65,17; 66,22); (2) sia il cap. 1 che il cap. 66 terminano con un riferimento al "fuoco inestinguibile" che sarà la sorte dei peccatori impenitenti (1,31; 66,24).
Per mostrare i contatti fra le tre parti del libro ci limitiamo a tre esempi fra i molti che si potrebbero addurre.
Il titolo divino "il Santo di Israele" è tipico del libro d'Isaia nelle sue tre parti, dove ricorre più di 25 volte, mentre è assai raro nel resto dell'AT (prescindendo da 2 Re 19,22 [che è parallelo con Is 37,23], questi altri testi sono: Ger 50,29; 51,5; Sal 71,22; 78,41; 89,19). Nel libro d'Isaia il titolo si trova sia in contesto di giudizio (nel I-Is) che in contesti di promessa e salvezza (nelle tre parti del libro).
[6,9] | Egli disse: "Và e riferisci a questo popolo: Ascoltate pure, ma senza comprendere, osservate pure, ma senza conoscere. |
[6,10] | Rendi insensibile il cuore di questo popolo, fallo duro d'orecchio e acceca i suoi occhi, e non veda con gli occhi né oda con gli orecchi né comprenda con il cuore né si converta in modo da esser guarito". |
I famosi e difficili versetti sull'indurimento degli uditori di Isaia hanno molti contatti non solo con il contesto immediato (6,1–9,6) ma con tutte le parti del libro. Questo si può illustrare seguendo alcune ricorrenze dei motivi principali dei due versetti: "vedere / ascoltare", "sapere / comprendere", "tornare / convertirsi / guarire". (I riferimenti che seguono sono basati sull'uso dei verbi ebraici; talvolta nelle traduzioni vengono usati degli sinonimi, il che oscura un po' la forza delle ripetizioni nell'ebraico).
(1) Nel 6,9-10 Isaia riceve la missione di far sì che il popolo venga messo nella condizione di "non vedere","non sapere" e "non comprendere". Dopo nel II-Is si annunzia il capovolgimento di questa situazione quando le negazioni diventeranno delle affermazioni (cf. 41,20: dove troviamo "vedere" e "conoscere" positivamente a proposito del nuovo Esodo). Però ci sono ancora degli ostacoli, in quanto alcuni sono attaccati agli idoli, così che "...non sanno né comprendono; una patina impedisce agli occhi loro di vedere e al loro cuore di capire" (44,18: l'uso dei motivi del cap. 6 è palese). Nel nel III-Is la situazione negativa ancora continua in parte: 56,10-11 (tre volte "non sapere / comprendere") e 57,1.
(2) Altri testi nel II-Is si riferiscono alla "cecità" e "sordità", in senso religioso-metaforico, ma senza collegarle esplicitamente a verbi come "sapere, comprendere": cf. 42,16-19 e 43,18). Comunque il riferimento al cap. 6 è facilmente percettibile. Poi nel III-Is troviamo i motivi di "ciechi" e "non sapere" insieme nel 56,10, e "ciechi" ancora nel 59,10 in un salmo penitenziale.
(3) Nel 6,10 viene detto che il "ritorno" del popolo verrà bloccato (CEI "...nè si converta...": il verbo di movimento "tornare", šûb, è anche quello usato generalmente nell'ebraico per il concetto "convertire, convertirsi"). Nel II-Is dopo l'annuncio che Dio farà sparire le iniquità del popolo sentiamo l'invito divino "Ritorna a me" (44,22). Poi nel III-Is si parla di "quelli di Giacobbe convertiti [lett. 'tornati'] dall'apostasia" (59,20), e in un altro salmo di supplica il popolo prega per il "ritorno" del Signore (63,17).
(4) Ancora nel 6,10 viene detto che la "guarigione" del popolo verrà bloccata (CEI "...nè si converta in modo da essere guarito"). Il motivo riappare nel "quarto canto" del servo sofferente dove si dice che "per le sue piage noi siamo stati guariti" (53,8). Nel III-Is poi si insiste sul desiderio del Signore di guarire il suo popolo: "Ho visto le sue vie ma voglio guarirlo" (57,18), e "dice il Signore: 'Io li guarirò'" (57,19).
Infine notiamo l'importante funzione strutturale del breve capitolo 12 che non solo chiude la prima grande sezione del libro (capp. 1–12) ma prepara alcuni aspetti centrali di ciò che seguirà fino alla fine del libro.
(1) Il motivo della "consolazione" (נחם) divina di Israele: Presente nel 12,1 ("la tua collera si è calmata e tu mi hai consolato"), il verbo "consolare" verrà ripreso in modo enfatico all'inizio del II-Is ("Consolate, consolate il mio popolo": 40,1), dove sinteteizza il messaggio centrale dei capp. 40–55. Lo stesso verbo si trovà ancora nel 51,12; 61,2 [al centro del III-Is]; 66,13 [alla fine del III-Is].
(2) La radice "salvare, salvezza" (ישׁע) si trova tre volte nel cap. 12 (vv. 2.2.3) e poi massicciamente nel II-Is e nel III-Is (13x in forme verbali, più 15x in forma di sostantivi). Ed è lo stesso verbo che fa parte del nome personale di Isaia (= "YHWH salva").
Avendo esaminato una scelta dei fattori di coesione e di coerenza fra le diverse parti del libro d'Isaia a livello sincronico, adesso riprendiamo il discorso diacronico già abbozzato nella presentazione del III-Is. Si tratta di formarsi un'idea di come questo lungo libro sia stato formato attraverso i secoli. La complessità dei dati testuali rende estremamente complessa la problematica diacronica, che però è anche di grande interesse per la storia interna della teologia biblica (o delle teologie bibliche).
In classe verrà presentata una proposta a titolo di esempio, e si rimanda alla bibliografia per le altre proposte. L'esempio scelto è la sintesi diacronica offerta dallo studioso ebreo-americano, Sweeney, nel suo commento su Is 1–39 (che nel primo capitolo offre un'introduzione a tutto il libro). Presentando la proposta di Sweeney, non si intende dire che sia necessariamente quella migliore (anzi probabilmente è bisognosa di ulteriori precisazioni e distinzioni), ma nella sua (relativa) semplicità fa vedere una serie di grandi tappe nella formazione del libro che molti altri studiosi potrebbero anche riconoscere (magari con delle differenziazioni più marcate).
Nella sua presentazione della questione diacronica (pp. 51-62) Sweeney identifica quattro stadi principali nella formazione del libro d'Isaia ed esamina l'intenzione di ciascun stadio, cominciando da quello più recente e procedendo all'indietro verso gli stadi più antichi. Nel riassunto che segue prendiamo il percorso inverso, iniziando cioè dallo strato più antico.
I materiali più antichi nel libro, che si trovano sparsi nei capp. 1–32 (ma non tutto il materiale di quei capitoli), sono quelli che vengono da Isaia stesso durante le varie fasi del suo ministero profetico. Sweeney riconosce l'esistenza di piccole collezioni antiche (e.g. 6,1–9,6 e 28–32*) ma si dichiara incerto sulla questione se c'era una raccolta di quelle collezioni già nel 8º sec. o se esistevano ancora separatamente. Comunque non trova nessun indizio d'un uso liturgico di questi materiali (a differenza dei tre stadi che seguono). I testi antichi infatti avevano una finalità prevalentemente politica, cioè di convincere i re di Giuda di non entrare in alleanze con potenze straniere rischiando così di trovarsi esposti a confronti militari con invasori.
Nel tempo del re Giosia venne elaborata un'edizione dei materiali profetici d'Isaia con aggiunte varie che avevano lo scopo di fornire un appoggio al programma di rinascita nazionale e religiosa portato avanti dal pio re. L'edizione comprendeva materiali che adesso leggiamo nei capp. 5–12; 14–23; 27; 28–32; 36–37 (di nuovo non tutto il materiale di quei capitoli). Venne sottolineato il tema della caduta dell'Assiria e quello del rinnovamento di Gerusalemme e Giuda sotto un re davidico giusto. Secondo Sweeney quest'edizione veniva letta pubblicamente in un contesto liturgico nel tempio di Gerusalmme, forse durante la festa autunnale delle Capanne (festa della raccolta e della vendemmia), come potrebbe suggerire il fatto che l'edizione iniziava proprio con il canto della vigna (5,1-7).
Dopo il passaggio di potere ai Persiani alcuni dei deportati in Babilonia tornarono in Giuda e il tempio di Gerusalemme veniva ricostruito. In vista di quella nuova situazione fu composta una nuova edizione del libro, caratterizzata principalmente dall'inserzione dei materiali del II-Is ma con altre aggiunte anche. Il libro allora comprendeva materiali che leggiamo adesso nei capp. 2–32; 35–39; 40–55; 60–62. I redattori componevano certe parti specificamente per la nuova edizione (2,2–4,2; 24–27; 35; 60–62), e inserivano gli oracoli contro la Babilonia (da poco caduta ai Persiani) all'inizio della sezione che presenta gli oracoli contro le nazioni (13–23).
Il tratto più caratteristico della nuova edizione era la centralità del tema "Sion e Tempio", come si vede dal fatto che inizia con un brano che annunzia la gloria futura di Sion (2,2-4) e finisce con la stessa tematica nei capp. 60–62. Potrebbe anche essere il caso, ipotizza Sweeney, che la nuova edizione è stato composta proprio per la lettura liturgica nel secondo Tempio appena completato. In ogni caso la finalità dell'edizione era di incorraggiare i lettori ad appoggiare questo tempio sotto il nuovo dominio dei Persiani.
La forma finale del libro (più o meno come lo leggiamo adesso, aggiungendo tutti le parti non menzionate sopra, principalmente capp. 1 e 56–59 e 63–66) fu prodotto, secondo Sweeney, nella seconda parte del 5º sec. in rapporto con l'attività di Esdra e Neemia. (Bisogna però notare che la maggior parte degli studiosi recenti che hanno discusso la questione diacronica preferiscono una data più recente per il completamento del libro.) In ogni caso, secondo Sweeney, la forma finale del libro profetico diventa una grande esortazione alla fedeltà all'alleanza di YHWH nella forma proposta da Esdra e Neemia. (Sweeney, si vede, non accetta le tesi di Hanson sull'opposizione fra sostenitori di una linea teologica profetico-escatologica e sostenitori di una teocrazia pragmatica come proposta da Esdra.) Anche per l'edizione finale del libro Sweeney suggerisce che abbia potuto funzionare come lettura liturgica nel tempio. In ogni modo il libro completato presenta un messaggio profetico centrato sulla manifestazione futura della sovranità di YHWH a Sion ma nell'orizzonte di tutte le nazioni (cf. i capp. 1 e 65–66), un messaggio che implicava un'esortazione ai lettori di identificarsi con quella sovranità universale di YHWH in mezzo alle nazioni.
Dal punto di vista letterario e da quello teologico i 66 capitoli del libro d'Isaia evidenziano sia fattori di coerenza che fattori di differenziazione interna. Quest'affermazione vale sia a livello di una lettura della forma attuale del libro che a livello di uno studio diacronico delle fasi di composizione graduale del libro. La sfida oggi per chi vuole approfondire lo studio di questo libro ricchissimo e complesso è quello di mantenere viva la coscienza di questi due aspetti (coerenza e differenziazione) e di non livellarli in un lettura piatta, più semplice forse, ma meno autentica.