Profezia e apocalittica: secondo semestre 2006-07
Charles Conroy [www.cjconroy.net/pr-it/pr00a.htm]



Il libro di Osea: introduzione (2)



Mentre nella lezione precedente per la prima parte dell'introduzione abbiamo esaminato la forma finale del libro di Osea, adesso ci spostiamo nel campo dello studio storico con l'intento di vedere la questione della genesi del libro partendo dal ministero del profeta stesso e poi di ricostruire in quanto possibile la situazione religioso-cultica del tempo di Osea che costituisce lo sfondo per molti brani nel libro. I punti principali della lezione sono:

  1. Dal profeta al libro: la genesi del libro
  2. La situazione religioso-cultica al tempo di Osea

La bibliografia specifica della lezione (qui) riguarda il secondo punto; per il primo punto si vedano le bibliografie della lezione precedente.


1.   La genesi del libro di Osea

Prima (1.1) vedremo i parametri della questione (indizi testuali), e poi (1.2) a titolo di esempio verrà presentata una proposta influente di storia della redazione del libro.

1.1     I parametri della questione diacronica

Praticamente tutti gli studiosi sono d'accordo che il libro di Osea non è stato prodotto in un unico atto di scrittura ma è il risultato di una storia di redazione che va al tempo del profeta nel 8º sec. a.Cr. fino all'epoca postesilico (per molti). La nota sapienziale di Os 14,10 è un indizio forte dell'esistenza di una storia di redazione. Bisogna subito aggiungere però che gli studiosi non sono d'accordo sui dettagli di questa storia; in particolare, precisamente quanta materia attribuire a Osea o ai suoi discepoli immediati, e quanta invece attribuire a redattori nei secoli successivi. Alla radice del disaccordo ci sono diverse valutazioni dei due parametri principali della discussione: (1) i riferimenti a Giuda, e (2) gli annunci di un futuro migliore.

(1) Ci sono ca. 15 riferimenti a Giuda sparsi attraverso il libro; spesso si tratta di brevissime menzioni, in parallelo con i riferimenti a "Efraim" o a "Israele" (cioè, il regno di Israele del nord). Costituiscono un problema in quanto altri dati nel libro fanno capire che il profeta ha svolto il suo ministero solo nel regno del nord; non viene mai menzionata una sua visita a Gerusalemme o altrove in Giuda. Chi dunque ha inserito i riferimenti a Giuda? Alcuni potrebbero anche venire da Osea (come vedremo a proposito del brano 5,8–6,6) ma molti altri si lasciano capire meglio come aggiornamenti fatti da redattori in Giuda (indizio forte: la formulazione di Os 1,1).

(2) La seconda classe di indizi è costituita dalle promesse di futuro migliore. Anche qui bisogna probabilmente distinguere: in alcuni casi sembrano ben integrati nel loro contesto e così potrebbero anche venire da Osea o dai suoi discepoli immediati (per es., 2,16-17; 11,8-9), ma in altri casi si trovano in forte tensione con il loro contesto immediato (per es., 2,1-3 in rapporto con il cap. 1).

Insieme con questi due parametri principali, la questione diacronica coinvolge anche altri indizi a livello dell'analisi dei singoli brani. Così si può comprendere meglio come gli studiosi possano arrivare a diverse proposte per la storia di redazione del libro a causa di diverse valutazioni di tali indizi. Per lo scopo di questo corso non conviene entrare in uno studio comparativo dettagliato delle diverse proposte; sarà più utile considerare, a modo di esempio, una proposta assai influente, quella di J. Jeremias, senza voler affermare che abbia sempre ragione in tutto.

1.2     La genesi del libro di Osea secondo Jörg Jeremias

Jeremias sostiene (e molti studiosi sono d'accordo con lui qui) che la maggior parte dei materiali nel libro di Osea riflette la predicazione orale del profeta, non nel senso di "ipsissima verba" ma nel senso di una sintesi scritta dai suoi discepoli immediati (in realtà tre sintesi, come vedremo). Le aggiunte dei secoli successivi ci sono ma sono generalmente nella forma di brevi annotazioni attualizzanti. Vediamo dunque prima (1.2.1) la fase iniziale della predicazione orale del profeta, poi (1.2.2) le prime raccolte scritte a cura dei discepoli, e infine (1.2.3) le aggiunte posteriori prima e dopo il periodo esilico.

1.2.1   La predicazione orale di Osea

Come conclusione della sua analisi attenta di tutto il testo del libro, Jeremias propone che l'attività orale di Osea si svolse in tre periodi:

(1) negli ultimi anni del regno di Geroboamo II, anni di pace e di prosperità relativa nel regno del Nord (ca. 755/50 fino a ca. 747 a.Cr.): da questo periodo vengono molti materiali (ma non necessariamente la formulazione verbale attuale) che si trovano adesso in 2,4-15 e 4,4–5,7.

(2) intorno alla guerra Siro-Efraimita (ca. 734/33): da questo periodo vengono molti materiali che si trovano adesso in 5,8–9,9.

(3) negli ultimi anni del regno di Israele del Nord (ca. 731–724): da questi anni vengono molti materiali di 2,16-17; 3,1-4; 9,10–14,1. Visto il silenzio del libro sugli avvenimenti della caduta di Samaria nel 722/21, Jeremias (con molti altri) sostiene che Osea abbia terminato il suo ministero qualche anno prima di questa data.

L'ambiente del ministero del profeta era probabilmente quello di un gruppo misto di profeti e leviti nel regno del Nord, che criticavano sia gli abusi della monarchia che la corruzione del culto praticato nei santuari locali sotto la guida di sacerdoti indegni.

1.2.2   Le prime raccolte scritte

La caduta del regno del Nord ha fornito ben presto una tragica verifica delle minaccie proclamate da Osea. È assai ragionevole dunque pensare che una prima forma scritta del suo messaggio abbia vista la luce pochi anni dopo il 722/21. Vista la situazione nel Nord ormai sotto dominio degli Assiri, è più probabile che alcuni discepoli di Osea fuggiti a Gerusalemme (con parecchi altri profughi) abbiano svolto lì il lavoro di sintesi scritta della predicazione del profeta. Secondo Jeremias tale lavoro produsse tre raccolte nelle quali la preoccupazione principale era di offrire una sintesi del messaggio di Osea così come è stato proclamato nel Nord. Non c'era ancora l'intento di attualizzare il messaggio esplicitamente per Giuda.

La prima, e fondamentale, raccolta comprende gran parte dei materiali che abbiamo adesso nei capp. 4–11. L'ordine di presentazione seguiva più o meno l'ordine delle tre fasi del ministero orale del profeta (cf. sopra): 4,1–5,7*; 5,8–9,9*; 9,10–11,11*.

Una seconda raccolta supplementare, che rispecchiava ancora la terza fase del ministero del profeta, è stata aggiunta; si trova nei capp. 12–14.

La terza raccolta seguiva un altro principio di strutturazione, quello tematico, e raggruppava brani provenienti da diversi periodi del ministero del profeta, dove dominava la metafora matrimoniale; si tratta dei materiali che abbiamo adesso in 1,2-9; 2,4-17; 3,1-4.

L'insieme di queste tre raccolte costituisce gran parte del libro che abbiamo adesso. Jeremias insiste sull'importanza di considerare nell'esegesi il contesto letterario di ogni singolo brano; il "Sitz im Leben" della predicazione orale di Osea spesso non è più accessibile a noi a causa del lavoro di sintesi fatto dai discepoli.

1.2.3   Le aggiunte posteriori prima e dopo il periodo esilico

Una parte di queste aggiunte aveva lo scopo di attualizzare esplicitamente il messaggio del libro per il regno di Giuda poco prima della sua fine. Questo si vede già nella formulazione di 1,1 e poi lo si vede in un buon numero di menzioni di Giuda inserite qua e là nel testo originale (per es. 4,15; 6,10-11a; 8,14; 11,10; 12,1b.6).

Altre aggiunte sono state fatte dopo la caduta del regno del sud nel 587/86 e poi nel periodo postesilico: Jeremias menziona qui testi come 1,5.7; 2,1-3; 2,20.23-25; 3,5; 14,10. (Si può notare come alcune di queste aggiunte hanno ulteriormente sottolineato lo schema "negativo / positivo" che già esisteva nei primi tre capitoli.)

2.   La situazione religioso-cultica al tempo di Osea

Dalla storia della formazione del libro passiamo adesso alla storia religiosa dell'epoca di Osea. Iniziamo (2.1) considerando i dati presentati nel libro, e poi (2.2) vediamo altre testimonianze fornite dal lavoro degli archeologi.

2.1     Dati del testo

Leggiamo prima (2.1.1) un testo-chiave, Os 4,4-19, e poi (2.1.2) accenniamo ad alcuni altri testi nel libro.

2.1.1   Os 4,4-19

Accettiamo la posizione di un buon numero di studiosi che sostengono che la maggior parte del brano rispecchia effettivamente le condizioni del tempo di Osea. Non entriamo qui in una discussione delle gravi difficoltà di critica testuale in alcuni versetti, nè in un'analisi approfondita della storia redazionale del brano. Quattro sono le sottounità nel brano (vv. 4-6; 7-10; 11-15; 16-19); ci soffermiamo in particolare sulle prime tre.

a) vv. 4-6: Questi versetti mettono in risalto le pesanti responsabilità dei sacerdoti per la corruzione cultica e morale del tempo (la menzione di un "profeta" nel v. 5 potrebbe essere un'aggiunta posteriore). I sacerdoti vengono accusati soprattutto di non essersi dedicati al ministero della parola insegnando al popolo le vie del Signore. Notiamo la formulazione nel v. 6: "Tu rifiuti la conoscenza ... hai dimenticato la legge del tuo Dio ...". Non si tratta solo di trascuratezza ma di un rifiuto attivo della "conoscenza" – termine chiave in Osea, che ha un componente intellettuale ma anche un aspetto esperienziale e pratico. Le conseguenze di questo rifiuto colpevole sono gravi: "Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza" (v. 6: si noti la forza del sintagma "il mio popolo" qui). Viene annunciato il castigo dei sacerdoti (v. 6).

b) vv. 7-10: Dal peccato dei sacerdoti il discorso s'allarga al peccato di tutto il popolo. "Tutti hanno peccato contro di me" (v. 7). Peccano anche perchè i sacerdoti non li istruiscono nella retta via. La gente affolla i santuari locali portando offerte per i sacrifici di espiazione, e i sacerdoti ne se approfittano (parte delle offerte andava ai sacerdoti). Così si comprende meglio la dura formulazione del v. 8 a proposito dei sacerdoti: "Essi si nutrono del peccato del mio popolo, e sono avidi della sua iniquità". Viene annunciato il castigo di sacerdoti e popolo nel v. 9: "Il popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte; li punirò per la loro condotta, e li retribuirò dei loro misfatti". Si noti l'uso del verbo "prostituirsi" due volte nel v. 10 per indicare il peccato di sacerdoti e popolo; così il testo prepara i versetti seguenti.

c) vv. 11-15: Qui troviamo una serie di descrizioni di scene caratteristiche del culto nei santuari locali (spesso situati sulle cime dei monti: cf. v. 13 e la menzione frequente delle "alture" [bâmôt: "high places"] nel libro dei Re). Gli israeliti praticano la divinazione (v. 12); offrono sacrifici e si ubriacano (v. 11) e seguono scene di promiscuità sessuale (vv. 13-14). Il termine "prostituirsi / prostituzione" si ripete diverse volte qui, talvolta in senso letterale, talvolta in senso metaforico di infedeltà a YHWH. È chiaro che tutto questo non è altro che "allontanarsi dal loro Dio" (v. 12).

Anche se probabilmente c'è una certa parte di esaggerazione polemica in queste descrizioni, nel senso che non possiamo affermare che le cose si svolgevano così dappertutto e sempre nei santuari nel regno del Nord, resta comunque che tali descrizioni dovevano corrispondere a condizioni abbastanza comuni lì.

2.1.2   Altri brani nel libro

Qui ci limitiamo ad una questione specifica: a quale divinità veniva offerto questo culto da parte del popolo? Anche se il brano di Os 4,4-19 non dà nessuna informazione esplicita a proposito, non si può escludere che si trattava di un culto indirizzato a YHWH. Comunque ci sono altri testi nel libro che menzionano esplicitamente un culto di Baal. E alcuni di questi testi (e.g. 2,15) sembrano dire che il culto di Baal abbia sostituito quello di YHWH. Altri testi però parlano chiaramente di culto di YHWH (5,6; 8,2). Come spiegare questa apparente tensione nel libro?

Probabilmente conviene pensare a diversi fattori. Da una parte, testi come 2,18 sembrano suggerire un certo sincretismo fra YHWH e Baal (un "yahvismo baalizzato"). Dall'altra parte, però, tale spiegazione non basta da sola. Bisogna anche pensare a un politeismo pratico, nel senso che alcuni israeliti non vedevano grossi problemi nel praticare un culto a YHWH in certe circostanze e un culto a Baal (o altre divinità locali) in altre circostanze, secondo l'idea che ogni divinità aveva la sua propria "sfera di competenza". L'esistenza di questo politeismo pratico a livello di religiosità popolare ci viene confermata da testimonianze esterne alla Bibbia.

2.2     Le testimonianze extra-bibliche

Grazie al lavoro recente degli archeologi abbiamo adesso conoscenza di certe iscrizioni (2.2.1) e anche di oggetti cultici (2.2.2) che illustrano questa religiosità popolare (che è fortemente condannata nei testi biblici).

2.2.1   Iscrizioni   [cf. testi]

Nella piccola località di Kuntillet ‘Ajrud nel Sinai del nord (sulla strada fra Gaza e Eilat) gli archeologi hanno scoperto nel 1975 e 1976 alcune iscrizioni che datano alla prima parte dell'ottavo secolo a.Cr. (dunque un po' prima del tempo di Osea). Due di esse, in forma di benedizione, sono di interesse particolare qui. La prima recita così: "Io vi benedico per YHWH di Samaria e per la sua asherah", e la seconda è simile: "Io ti benedico per YHWH di Teman e per la sua asherah" (cf. COS 2.47B:171-172; TUAT 2:563-564). L'ormai vasta bibliografia intorno a questi piccoli testi evidenzia una divisione fra gli studiosi riguardo all'interpretazione della parola asherah: per alcuni si tratterebbe del nome proprio di una ben nota divinità femminile Asherah (cf. 1 Re 18,19), per altri invece sarebbe più esatto pensare ad un oggetto cultico simbolo di questa divinità (cf. 1 Re 16,33: CEI "palo sacro" per l'ebraico asherah). La discussione continua, ma la maggioranza degli studiosi preferisce la prima interpretazione, secondo cui l'iscrizione mette accanto a YHWH una "sua" divinità femminile, Asherah.

Un'altra iscrizione abbastanza simile viene da un piccolo sito, Khirbet el-Kôm (el-Qôm), ca. 13 km ad ovest di Ebron (Hebron). Si tratta di un'iscrizione su una tomba di incerta datazione (8º sec. per alcuni, 6º sec. per altri). La parte pertinente per noi potrebbe essere tradotta così: "Benedetto fu Uriyahu da YHWH, e dai suoi nemici lo ha salvato per mezzo della sua asherah" (con P. Kyle McCarter in COS 2.52:179; cf. TUAT 2:557-558). Di nuovo, potrebbe trattarsi della divinità Asherah associata con YHWH.

2.2.2   Oggetti cultici

a) In Os 3,4 e 10,1 si fa menzione di "stele" come oggetti cultici (criticati almeno a 10,1). Questi piccoli pilastri di pietra simboleggiavano la presenza di una divinità e sono stati trovati in vari siti archeologici dall'epoca del Tardo Bronzo (seconda parte del secondo millennio) e Ferro II (epoca monarchica in Israele e Giuda). Cf. le illustrazioni in ANEP nn. 871 e 872.

b) L'immagine di un "vitello" o giovane toro come simbolo di un dio (cf. Os 8,5-6; 10,5-6; 13,2) era assai popolare in tutta l'area Siro-Palestinese. Un bel esemplare (una statuetta in bronzo) è stato scoperto recentemente in un luogo di culto all'aperto nelle vicinanze di Dothan (fra Nablus e Jenin), databile al Ferro I (ca. 1200 a.Cr.).

c) Alcuni testi in Os parlano genericamente di oggetti qualificati come "idoli" (4,17; 8,4; 11,2; 13,2; 14,3-8). Non è certo se questi testi si riferiscano tutti allo stesso tipo di oggetto, ma è probabile che alcuni almeno di essi indicano le piccole immagini in creta ("clay figurines") di una figura femminile nuda, di cui si conoscono centinaia di esemplari trovati in tutte le parti della Palestina. Tale popolarità potrebbe indicare una dea che si pensava prendesse cura particolamente delle necessità delle donne.

I materiali menzionati qui possono aiutarci ad avere un'idea più concreta della situazione religioso-cultica che Osea ha dovuto confrontare nel suo ministero.


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