Concludiamo la sintesi dell'ambientazione storica della profezia in Israele con uno sguardo al periodo persiano. I punti principali sono:
La bibliografia specifica della lezione si trova qui; ma ci sono anche parecchi titoli pertinenti nella bibliografia della terza lezione qui. Per la tavola cronologica della lezione, invece, cliccare qui.
Le fonti bibliche principali per questo periodo sono i libri storiografici di Esdra e Neemia e i libri profetici di Aggeo e Zaccaria. Fonti giudaiche extra-bibliche sono più abbondanti che nei periodi precedenti (cf. le abbreviazioni e la bibliografia): papiri in lingua aramaica da Elefantina nell'Egitto (ANET 222-223 [contratti matrimoniali], 491-492 [lettere] e 548-549 [altri documenti legali]; Briend, Textes 156-160; COS 3:116-132 [lettere], 141-198 [contratti] e 207-218 [testi vari]; TUAT 1:253-263) e dalla Samaria (i reperti di Wadi Daliyeh). Come fonte secondaria c'è da notare l'opera storiografica (1º sec. d.Cr.) di Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, libro XI.
L'archeologia recente ha fornito nuove informazioni riguardo alle condizioni materiali della vita nella Giudea e nelle zone circostanti (cf bibliografia).
Testi non-giudaici non danno un contributo diretto a parte il "Cilindro di Ciro" (ANET 315-16; Briend, Textes 153-155; COS 2:314-316; TUAT 1:407-410), già menzionato nella lezione precedente, ma aiutano comunque a comprendere meglio l'ambiente internazionale del tempo (testi persiani; storici greci).
Dopo la conquista di Babilonia nel 539 a.Cr. i Persiani ampliarono ancora il loro dominio con la conquista dell'Egitto da parte del successore di Ciro, Cambise II (r. 530-522). L'impero persiano allora estendeva dall'India nord-occidentale (il fiume Indo) all'Egitto, superando così tutti gli imperi precedenti.
Nei primi decenni del quinto secolo i Persiani tentarono di invadere la Grecia. Sconfitti nella battaglia di Maratone nel 490, riuscirono nondimeno ad occupare Atene nel 480 sotto il re Serse (Xerxes). Nello stesso anno però i Greci annientarono la flotta persiana a Salamina e i Persiani dovettero ritirarsi dalla Grecia.
Nell'Egitto occupato da truppe persiane e mercenari (fra i quali un piccolo contingente di soldati giudaici al soldo dei Persiani nella guarnigione di Elefantina nel sud) c'erano diverse rivolte nel corso del quinto secolo (la più importante intorno al 460). Gli Ateniesi, che controllavano il mare, aiutavano queste rivolte sistematicamente.
La rovina dell'impero persiano iniziò intorno alla metà del quarto secolo e per quanto riguardo il Levante la fine del dominio persiano arrivò nel 332 quando Alessandro Magno conquistò la Siria e poi la Palestina. È l'inizio del periodo ellenistico.
La politica di Ciro verso i popoli del suo nuovo impero aveva un certo aspetto di toleranza e benevolenza, naturalmente per i suoi propri interessi. Tale politica nei riguardi dei Giudei viene presentata nel cosiddetto "Editto di Ciro", menzionato a due riprese nel libro di Esdra. (1) Il testo ebraico di Esd 1,1-4 racconta come Ciro nel primo anno del suo regno a Babilonia (539/538) emanò un decreto nel quale ordinò la ricostruzione del tempio a Gerusalemme e permise il ritorno in patria di quei Giudei della deportazione in Babilonia che volevano tornare. (2) Il testo aramaico di Esd 6,3-5 non menziona l'ultimo punto (il ritorno degli esiliati) ma solo quello della ricostruzione del tempio che sarebbe finanziata dal tesoro persiano. (La lingua aramaica era ormai la lingua internazionale della diplomazia e della politica in gran parte del Vicino Oriente, e sempre di più stava diventando la prima lingua parlata dei Giudei anche in Palestina.) Anche se continua la discussione fra gli storici sull'attendibilità di questo "Editto di Ciro", molti sono dell'avviso che il testo aramaico di Esd 6 ha buone possibilità di rispecchiare un documento ufficiale della cancelleria persiana (non così però per il testo di Esd 1, dove l'apporto di teologia yahwista è fin troppo chiaro). Si sa infatti che Ciro ha ordinato il restauro del culto di altri popoli soggetti nella Mesopotamia; cf. il "Cilindro di Ciro" menzionato sopra fra le fonti.
In ogni caso è certo che non tutti i Giudei residenti in Babilonia e altrove all'estero tornarono in patria. La situazione in Giuda era notoriamente difficile e alcuni almeno dei deportati e dei loro discendenti (nati in Babilonia e ormai forse in maggioranza) avevano acquisito un discreto grado di prosperità nella terra di esilio. Il fatto che il ritorno era solo parziale non dovrebbe dunque sorprendere troppo.
Non si sa la data esatta del ritorno del primo gruppo dei deportati giudaici sotto la guida di Sesbassar (Sheshbazzar), che era forse imparentato con la casa di Davide. Comunque si tratta di un gruppo relativamente piccolo che poi non riuscì a fare molto nel lavoro di ricostruzione a Gerusalemme. La città infatti era ancora in gran parte in rovine, la popolazione rimasta in Giuda non avevano grandi possibilità economiche, e c'era anche l'opposizione dei capi della capitale provinciale di Samaria verso qualsiasi tentativo di ripristinare l'antica supremazia di Gerusalemme.
Un nuovo gruppo tornò nel 520, sotto la guida del principe davidico Zorobabele e del sacerdote Giosuè. Negli anni 520-518 due profeti, Aggeo e Zaccaria, incoraggiarono il popolo ad impegnarsi nel lavoro di ricostruzione del tempio.
La ceremonia di dedicazione del "Secondo Tempio" ha avuto luogo nel 515. Anche se molto meno ricco e splendido del tempio pre-esilico, il nuovo tempio aveva un funzione ancora più centrale, in quanto ormai rappresentava il solo centro di identificazione per i Giudei della Palestina e della diaspora.
Amministrativamente Giuda ("Yehud", nome ufficiale che appare sulle monete), la cui estensione era ben più piccola del regno di Giuda pre-esilico, era un distretto della provincia persiana di Samaria, che a suo turno faceva parte della vasta satrapia di "Babilonia e Transeufrate" fino a 482 a.Cr. e della nuova satrapia di "Transeufrate" dopo quell'anno. Dopo qualche decennio Giuda fu tolta dalla giurisdizione di Samaria e constituita come provincia a parte; gli storici non sono d'accordo sulla data precisa di questo cambiamento, che comunque era in atto al tempo di Neemia intorno al 445 a.Cr.
Si sa molto poco delle vicende interne della comunità nel quinto e quarto secolo, a parte l'attività di due grandi personaggi (non-profetici), Esdra e Neemia. Iniziamo da quell'ultimo. Nel 445 il re persiano Artaserse I Longimano (r. 465-423) autorizzò Neemia, ebreo della diaspora e funzionario nella corte persiana, a viaggiare a Gerusalemme con la missione di ricostruire le mura della città. Neemia completò il lavoro, nonostante l'opposizione dei capi di Samaria, e rimase in Giuda per una decina di anni nel corso dei quali intraprese anche delle riforme sociali nella comunità (cf. Ne 5). Tornato in Persia rimase lì per un certo tempo e poi ritornò a Gerusalemme per un secondo periodo di attività (la cronologia è molto incerta qui).
Mentre il contributo di Neemia era soprattutto nel campo della vita civile, Esdra s'impegnò nel campo religioso. Venne anche lui dalla diaspora in Persia, dove lavorava nella cancelleria imperiale; era sacerdote e scriba esperto nella legge di Dio. La data del suo arrivo a Gerusalemme è uno dei problemi classici (e non risolti) della cronologia biblica. Secondo Esd 7,8 Esdra arrivò in Giuda "nel settimo anno del re Artaserse", ma il testo non specifica quale Artaserse. Se Artaserse I, allora l'anno era il 458 (e dunque Esdra arrivò prima di Neemia); ma se si tratta di Artaserse II (404-359), allora l'anno sarebbe il 398 (e l'attività di Neemia avrebbe preceduto quella di Esdra). In ogni caso, la natura della sua missione è chiara – una riforma religiosa. Arrivato a Gerusalemme, Esdra proclamò la "legge di Dio", un codice religioso al quale le autorità persiane riconobbero anche una validità civile. L'identità di questa "legge di Dio" non è chiara; difficilmente potrebbe essere identificata con tutto il Pentateuco, forse una parte del codice sacerdotale. Un risultato importante della riforma di Esdra era quello di rafforzare le tendenze esclusiviste all'interno del Giudaismo; basti pensare alla proibizione di matrimoni con non-ebrei e all'aumento graduale dell'influsso delle famiglie sacerdotali.
Dopo il tempo di questi due personaggi la vita della piccola comunità di Yehud continuò senza grandi sconvolgimenti fino alla conquista di Alessandro Magno nel 332.
Anche se i nomi di alcuni profeti di questo periodo sono conosciuti, molti testi profetici del periodo persiano sono l'opera di personaggi profetici anonimi che non svolgevano un ministero orale pubblico, come i profeti pre-esilici, ma scrivevano le loro profezie come delle riflessioni e riletture ispirate di profezie antiche. Pertanto si può ben dire che la profezia in Israele cambiò nettamente le sue caratteristiche, diventano più un'attività di studio ed espansione attualizzante ("Fortschreibung") delle profezie di prima. In alcuni casi la profezia postesilica si avvicinò alle tradizioni cultiche nel linguaggio e nelle tematiche, in altri casi troviamo una forte insistenza sull'escatologia che preparerà il nuovo genere dell'apocalittica (come vedremo più avanti).
Tali cambiamenti hanno portato parecchi studiosi di passate generazioni (19º sec. e la prima parte del 20º sec.) ad una valutazione piuttosto peggiorativa della profezia postesilica; si parlava di una degenerazione della profezia a causa dell'influsso del mondo del culto, del legalismo, di un nazionalismo gretto e esclusivista, e così via. Gli studiosi più recenti generalmente rifiutano tali valutazioni negative, che spesso del resto sembrano tradire un forte pregiudizio anti-giudaico da parte di studiosi cristiani. Al contrario, bisogna riconoscere che tutti i nostri libri profetici nella forma in cui li leggiamo adesso sono prodotti del periodo postesilico (epoca persiana e forse anche epoca ellenistica) e che una conoscenza dei problemi di questo periodo è molto importante per una migliore comprensione della forma finale di tutti i libri profetici.
Questi due profeti svolgevano un ruolo pubblico (Aggeo nel 520 e Zaccaria 520-518), incoraggiando il popolo ad impegnarsi nel lavoro di ricostruzione del tempio (come notato sopra).
Questo nome viene dato alla collezione di profezie che troviamo adesso in Is 56-66. Secondo una minoranza di studiosi questi capitoli (o almeno la maggior parte di essi) vengono da un profeta specifico, discepolo del Deutero-Isaia; la maggioranza dei studiosi però preferisce pensare ad una molteplicità di autori profetici per questi capitoli. Vedremo le tematiche di questi capitoli nella presentazione del libro di Isaia più avanti.
Il piccolo libro di Mal viene attribuito generalmente a un profeta di nome Malachia, che svolse la sua attività poco prima dell'arrivo di Neemia nel 445 a.Cr. (anche se alcuni, notando che il vocabolo ebraico "Malachi" può essere letto come nome comune "il mio messaggero" anzichè come nome personale, preferiscono vedere nel libro una collezione di profezie anonime). Comunque il libro fa ben vedere sia le difficoltà interne della comunità giudaica nel quinto secolo che il ruolo importante delle questioni cultiche nella lora vita.
Questi due piccoli libri sono probabilmente da datare verso la fine del periodo persiano, anche se alcuni studiosi preferiscono una datazione più antica.
Questi capitoli, spesso chiamati (impropriamente) "la grande apocalisse di Isaia", vengono anche dal periodo persiano.
La seconda e la terza parte del libro (capp. 9-11 e 12-14) vengono generalmente datate molto tardi, forse già dentro il periodo ellenistico.
Quali sono state le relazioni fra la profezia postesilica e gli altri gruppi nella società giudaica contemporanea? La questione è molto discussa nei decenni recenti. Qui ci limitiamo a presentare la teoria "bi-polare" (molte influente) e le critiche recenti che sono state espresse al suo riguardo.
Questi studiosi hanno in comune l'idea che c'erano due grandi correnti o tendenze nel giudaismo postesilico: la corrente teocratica e la corrente escatologica (così la terminologia di Plöger), oppure la corrente ierocratica e la corrente pragmatica (così la terminologia di Hanson).
La corrente teocratica, che si esprime nei libri delle Cronache, di Esdra, e di Neemia, era dominante fra quelli che guidavano la comunità a Gerusalemme sotto i Persiani e poi nel tempo del dominio dei Greci. Per loro il regno di Dio era una realtà già in atto, manifestandosi principalmente nel culto del tempio e nell'osservanza della Legge. I membri di questa corrente non si occupavano molto di speranze escatologiche.
Ben diversa era la situazione della corrente escatologica, i cui membri non occupavano posti di guida nella comunità ma si trovavano piuttosto ai margini della società. La loro visione del mondo era formata dalla meditazione sulle profezie del Deutero-Isaia e altre profezie escatologiche. Vedevano che la realtà intorno a loro era lontano dalle grandi speranze espresse in tali profezie. Perciò aspettavano un intervento decisivo di Dio nella storia futura per dare compimento alle profezie. A causa di tali aspettative i membri di questi gruppi si trovavano in tensione con quelli che avevano il potere a Gerusalemme (la corrente teocratica) e talvolta quest'ultimi perseguivano attivamente i membri della corrente escatologica (cf. vari testi in Is 65-66).
Recentemente la teoria di Plöger, Hanson, e i loro molti sostenitori è stata criticata da diversi studiosi (per es., R. Albertz). Secondo i critici, la teoria bi-polare è (1) troppo astratta, in quanto parla di correnti o gruppi, senza però specificare la loro situazione sociale precisa, e (2) troppo semplice, in quanto parlare di solo due correnti non tiene in conto la complessità della società di Yehud e della sua letteratura religiosa.
Albertz insiste dapprima sulla necessità di distinguere fra religione ufficiale (pubblica) e pietà personale e familiale. Secondo lui, c'erano diversi tipi di religione ufficiale nel primo periodo postesilico (le varie tendenze al interno del deuteronomismo; i riformisti sacerdotali in Ezech 40-48; la profezia di salvezza nel Deutero-Isaia). Un compromesso fra deuteronomismo e corrente sacerdotale portava alla formazione del Pentateuco, mentre dall'altra parte il non-compimento sul piano nazionale della profezia del Deutero-Isaia dava inizio alla formazione di gruppi escatologici. Sul versante della religiosità personale e familiale, Albertz distingue fra (1) alcuni settori delle classi benestanti che avevano una sensibilità per questioni di problemi sociali (da loro veniva la saggezza pia che troviamo in Prov 1-9 e in Giobbe), (2) altri settori delle classi benestanti meno aperte a problematiche sociali (da loro venivano le collezioni sapienziali più utilitaristiche e un'apertura allo scetticismo come in Qohelet), e (3) una teologia dei poveri del Signore.
Si vede che la presentazione di Albertz, qui delineata in estrema sintesi, è più complessa di quella di Plöger e Hanson ma che non c'è grande differenza infatti per quanto riguardo i gruppi profetici-escatologici, che stanno al centro del nostro interesse nel contesto presente della profezia postesilica.
Conclusione
Terminiamo qui la sintesi dell'ambientazione storica e sociale della profezia in Israele e Giuda, che sarà di grande utilità per una comprensione migliore dei libri profetici. Verso la fine del corso riprenderemo brevemente il discorso storico per presentare il periodo ellenistico come ambiente dell'apocalittica. Ma per adesso passiamo all'aspetto letterario dei testi profetici nella prossime due lezioni.