In questa lezione si vuole prima presentare una lettura di Is 5,1-7 che, senza pretendere offrire un'esegesi completa, sottolinei la dimensione letteraria e poetica del testo per poter accedere al suo messaggio centrale, senza però trascurare la discussione diacronica. Seguirà una sintesi sulla critica sociale nei testi di Is 1-39. Pertanto i punti principali sono:
Una bibliografia su Is 5,1-7 si trova qui, e un'altra sulla tematica di critica sociale qui.
Delle due fasi del lavoro esegetico (studio della forma finale del testo [sincronico], e studio della genesi del testo [diacronico]) cercheremo di approfondire soprattutto la prima fase in questo caso (1.1), ma aggiugeremo una nota a proposito della discussione diacronica alla fine (1.2).
Il testo nella traduzione CEI (prima edizione)
[5,1a] | Canterò per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna. |
[5,1b] | Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. |
[5,2a] | Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; |
[5,2b] | vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. |
[5,2c] | Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica. |
[5,3a] | Or dunque, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, |
[5,3b] | siate voi giudici fra me e la mia vigna. |
[5,4a] | Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? |
[5,4b] | Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto uva selvatica? |
[5,5a] | Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: |
[5,5b] | toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; |
[5,5c] | demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. |
[5,6a] | La renderò un deserto, non sarà potata né vangata |
[5,6b] | e vi cresceranno rovi e pruni; |
[5,6c] | alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. |
[5,7a] | Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; |
[5,7b] | gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. |
[5,7c] | Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, |
[5,7d] | attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi. |
Iniziamo (1.1.1) con la delimitazione e strutturazione del brano, poi (1.1.2) passiamo ad una lettura commentata, e infine (1.1.3) accenniamo alla questione del genere letterario.
La delimitazione del brano non crea nessun problema, in quanto 5,1-7 costituisce chiaramente un'unità diversa dai materiali prima e dopo. Pertanto possiamo passare subito alla strutturazione del brano. Ecco una proposta da esaminare:
v. 1a | Esordio: la voce narrante presenta la sua intenzione |
vv. 1b-2 | Il canto: parte narrativa |
vv. 3-6 | Il canto: citazione delle parole del Diletto |
• vv. 3-4 | con w‘th iniziale (ebraico "e adesso": CEI "Or dunque") |
• vv. 5-6 | con w‘th iniziale (ebraico "e adesso"; CEI "Ora") |
v.7 | Conclusione: identificazione della vigna e svelamento del messaggio del brano. |
Da notare lo sviluppo di persone e di tempi:
v. 1b-2 | Discorso in terza persona ("lui..."); racconto; tempo passato. |
vv. 3-4 | Discorso in seconda persona singolare ("tu..."); inviti e domande; tempo presente. |
vv. 5-6 | Discorso nella prima persona singolare ("io..."); decisione; tempo futuro. |
v. 7 | Si torna al discorso in terza persona, al racconto, e al tempo passato e presente. |
Invece di un commento versetto dopo versetto, esamineremo due motivi letterari che dominano il brano. Infatti l'intero testo è caratterizzato da forti contrasti interni e da una ambiguità dinamica (forte all'inizio, poi gradualmente chiarendosi man mano che il brano va avanti). Ambedue gli aspetti rafforzano la presentazione del messaggio centrale in modo molto efficace.
1.1.2.1 Il motivo di contrasto
Un duplice contrasto pervade il brano: (1) il contrasto fra ciò che il padrone ha già fatto per la sua vigna (vv. 2a-b e 4a) e ciò che intende fare contro la vigna tra breve (vv. 5-6), e (2) il contrasto fra ciò che il padrone aspettò di ricevere dalla sua vigna e ciò che la vigna ha in realtà prodotto (vv. 2c, 4b, 7c-d).
Quest'ultimo contrasto è fortemente sottolineato dal gioco sonoro fra il termini ebraici opposti nel v. 7c-d:
dove "giustizia" ([le]mišpāṭ) somiglia foneticamente a "spargimento di sangue" (o "infrazione contra la giustizia": miśpāḥ), e "rettitudine" ([li]ṣdāqāh) a "grida di oppressi" (ṣe‘āqāh).
1.1.2.2 Ambiguità dinamica
Gran parte del brano è formulato in linguaggio figurativo ma all'inizio non è affatto chiaro a chi o a quale situazione le immagini si riferiscono. Anche se i lettori del testo finale hanno già incontrato la metafora della vigna in Is 3,14 (cf. anche 1,8), non possono essere sicuri all'inizio del cap. 5 che la metafora avrà lo stesso riferente (applicazione).
L'ambiguità è particolarmente forte nel v. 1: (1) perchè la traduzione di 1a è aperto a diverse traduzioni già a livello sintattico, e (2) perchè il termine "vigna" potrebbe essere una metafora per "donna amata" (come lo è in diversi poemi di amore nella Bibbia e nelle letterature mesopotamiche e egiziane) e così il brano potrebbe essere in realtà un lamento per una storia di amore finita male.
In seguito il lettore non sa bene se il discorso dei lavori per la vigna (v. 2) e del processo giudiziale (vv. 3-4) con la sentenza annunziata (vv. 5-6) riguardi una vigna materiale o una donna che non ha risposta alle aspettative dell'uomo. E chi è quest'uomo? Anche qui l'ambiguità regna, forse fino al v. 6c (chi può comandare alle nubi se non Dio?).
In ogni caso l'ambiguità sparisce nella chiarezza terribile del v. 7.
1.1.2.3 Conclusione
Lo scopo del brano dunque non è di offrire una bella descrizione di Israele come vigna ma di comunicare un duro messaggio teologico di critica sociale (cf. sotto). Per il lettore della forma finale del testo, Is 5,1-7 è bene in linea dunque con la menzione precedente di "vigna" in Is 3,14 (anch'essa in contesto di critica sociale), e poi funge ottimamente come introduzione a tutta una sezione di brani di critica sociale (5,8ss).
Più avanti nel libro però il lettore troverà che la negatività dei brani dove si parla della "vigna del Signore" in questi primi capitoli verrà convertita in positività nell'orizzonte escatologico di Is 27,2-5 (il cosiddetto "secondo canto della vigna").
Questione molto discussa. Forse la soluzione migliore è di vedere qui un'esempio del genere "parabola giudiziale" (cf. 2 Sam 12 [Natan e Davide]; 2 Sam 14 [la donna di Tekoa e Davide], dove un personaggio (o in questo caso un gruppo, gli abitanti di Giuda e Gerusalemme) passa dal ruolo di giudice di un caso fittizio a quello di imputato in una situazione reale.
Gli indizi testuali che più fanno pensare alla possibilità di una storia di formazione del testo attraverso diversi stadi sono (1) l'ambiguità o polisemia dei vv. 1-2 e (2) la differenza fra il v. 7 (focalizzato sui misfatti del popolo) e i vv. 5-6 (focalizzati sul castigo tremendo dovuto a questi misfatti).
Di fronte a questi indizi si può dire in sintesi che tre sono le posizioni correnti nella ricerca di oggi riguardo all'origine del brano.
(1) Tutto il brano riflette la voce di Isaia stesso. Questa posizione, per lungo tempo accettato da quasi tutti gli studiosi, viene ancora difesa da un certo numero di contemporanei, che ritengono che gli indizi menzionati sopra non sono sufficienti a giustificare una stratificazione letteraria.
(2) Il brano in buona parte riflette sì la voce di Isaia, che avrebbe forse utilizzato un canto popolare nei vv. 1b-2 per attirare l'attenzione dei suoi uditori e per poi applicare il canto al messaggio che voleva comunicare. Dopo Isaia altri redattori avrebbero precisato e attualizzato il messaggio (per esempio, sottolineando la devastazione della vigna: cf. l'invasione dei Babilonesi).
(3) Alcuni pochi studiosi negli anni recenti, spingendo avanti l'osservazione appena fatta, hanno proposto che tutto il brano dovrebbe essere visto come una nuova composizione dell'epoca postesilica.
La seconda tesi, in diverse varianti, è forse quella più seguita oggi.
Ci limitiamo ai testi più pertinenti in Is 1-39, che sono Is 1,10-17; 1,21-26; 2,6-8; 3,1-12; 3,13-15; 3,16-24; 5,1-7; 5,8-24; 9,7-20; 10,1-4; 28,1-4; 28,16-17a; 29,19-21. Nell'appendice si trova una lista dei testi più importanti sulla tematica anche in altri libri profetici.
Le persone vittime delle ingiustizie sociali vengono descritte con
diversi nomi di gruppo:
"orfani e vedove" (1,17.23; 10,2); i "poveri" (3,14-15; 10,2: con
diversi termini ebraici); gli "innocenti" (5,23); e nella voce di YHWH
"il mio popolo" (3,12.15). In somma, le persone più vulnerabili nella
società di Giuda e Gerusalemme.
I loro oppressori sono anch'essi indicati con una varietà di termini (capi, autorità, guide, anziani, ecc.). Anche se questi termini non sono sempre chiaramente definibili, risulta evidente che gli oppressori appartengono alle classi privilegiate e dirgenti della società, cioè, le autorità del governo del re di Giuda, i grandi proprietari terrieri (i latifondisti), i capi militari, e forse anche (cf. 1,10ss) i capi religiosi. Si noterà però che non c'è in Isaia un testo esplicito che metta il re fra questi oppressori (cf. però 1,26 e 3,12).
I ricchi oppressori sono buoni "praticanti" della religione: frequentano il Tempio, dove sacrifici e preghiere abbondano (1,10-15). Abitano in case di grande lusso dove conducono uno stile di vita molto raffinato (3,16ss: anche le donne); banchettano lautamente (5,11-13) con abbondanti libagioni di vini pregiati (5,11-12.22; 28,1-3.7-8). Spinti dall'avidità, accumulano case e terre (5,8-10). Fra di loro ci sono anche delle persone responsabili per il diritto e la giustizia, ma non si curano delle cause dei poveri (1,17.23) e accettano volentieri dei regali per pervertire il corso della giustizia (1,23; 3,9; 5,23; 29,21). Fanno le leggi per favorire i ricchi a spesa dei poveri (10,1-2: ingiustizia legalizzata). Vengono accusati non solo di furto e rapina (1,23) ma anche di omicidi (1,21).
Da una parte, gli atteggiamenti umani di avidità sfrenata (cf. 1,21-26), che è una manifestazione di un male più profondo, cioè, l'orgoglio umano che si erge contro Dio (2,6-22), una critica tipica di molti testi nel libro di Isaia.
Dall'altra parte, ci sono anche delle radici strutturali, nei cambiamenti sociali ed economici avvenuti grazie al rafforzamento dell'autorità monarchica a Gerusalemme nel 8º–7º sec.
La questione non è facile, perchè bisogna probabilmente distinguere fra la finalità della critica sociale negli interventi orali di Isaia dell'ottavo sec. e quella dei testi di critica sociale nella forma finale del libro che leggiamo adesso. Parecchi testi fra quelli già menzionati si trovano in brani che appartengono al genere di "oracolo di giudizio" (con le sue due parti: denuncia di misfatti e peccati, annuncio di castigo), e a prima vista si direbbe che lo scopo di tali brani sia di quello di annunziare un castigo imminente e certo per i malfattori. Però difficilmente si può escludere (soprattutto nella forma finale del libro ma forse anche nel tempo di Isaia almeno in alcuni testi) una finalità implicita di esortazione al cambiamento (il castigo annunciato verrà..., se non cambiate strada.). Questo aspetto esortativo è chiaro nel brano 1,10-17, e forse lo si può vedere anche in 5,1-7.
La critica sociale, la denuncia delle ingiustizie, non è stato un nuovo contributo di Isaia nel 8º sec. Già qualche decennio prima di lui Amos ha insistito duramente e fortemente su questo tema e forse ha influito anche su Isaia (paragonare per esempio Am 5,21-24 e Is 1,10-17).
Ma già molti secoli primo dei profeti israeliti l'esigenza di difendere gli orfani e le vedove era un dovere riconosciuto dei re dell'antico Vicino Oriente, faceva parte dell'ideale di un buon re: cf. per esempio le leggi sumere di Ur-Nammu (ca. 2100 a.C.: ANET 524), il codice di Hammurabi di Babilonia (ca. 1800 a.C.: ANET 178), e nei testi di Ugarit (ca. 1300: ANET 151).
All'interno delle tradizioni di Israele, un'attenzione alle problematiche sociale la troviamo sia nei testi legali che in certi proverbi della corrente sapienziale.
Ciò detto, le denuncie profetiche hanno un forza unica di fronte a questi precedenti.
In fine bisogna ammettere che l'espressione "critica sociale" forse non è la più esatta, in quanto potrebbe indurre a pensare che il discorso è solo di etica sociale. Nel discorso profetico però c'è qualcosa di più, e cioè l'origine divina della critica. I profeti parlano perchè "così ha detto YHWH". I testi che contengono la critica degli abusi sociali contengono anche una rivelazione del Dio che ha ispirato questi testi. In essi Dio viene rivelato come un Dio che non tollera l'ingiustizia e l'oppressione delle persone indifese della società, un Dio che smaschera con il linguaggio duro dei suoi profeti le ambiguità di quelli che detengono il potere civile e giudiziale e lo usano per il proprio tornaconto. Vista in questa luce, la "critica sociale dei profeti" diventa un messaggio anche teologico di rivelazione divina per tutti i tempi insieme con gli aspetti etici.
• Is. 1,10-17; 1,21-26; 2,6-8; 3,1-12; 3,13-15; 3,16-24; 5,1-7; 5,8-24; 9,7-20; 10,1-4; 28,1-4; 28,16-17a; 29,19-21; 56,10-57,2; 58,1-12; 59.
• Ger. 2,34; 5,26-29; 6,6-7; 7,1-15; 22,13-17.
• Ezech. 18; 22,1-16; 34,1-22.
• Am. 2,6-16; 3,9-11; 4,1-3; 5,7.10-12; 6,1-7; 8,4-7.
• Mic. 2,1-11; 3,1-12; 6,9-16.
• Mal. 3,1-15.