Dopo la lettura di uno dei testi dove appare la tematica del "servo di YHWH", adesso si tratta di vedere in modo globale la ricorrenza di questa tematica in tutto il Deutero-Isaia. Questo però non esaurisce la discussione del tema "servo" nel libro di Isaia; infatti il tema appare anche in diversi testi dei capitoli 56–66 come vedremo nella prossima lezione.
I punti principali sono:
Una bibliografia generale scelta sul tema "servo di YHWH" si trova qui.
Nell'uso civile del termine ‘ebed c'è da notare che non indica necessariamente una persona collocata in una posizione sociale di basso rango. Il termine di per sé denota una relazione di subordinazione a un'altra persona, dunque un termine relativo per quanto riguarda la collocazione sociale dell'individuo per il quale viene usato. Per esempio, un alto ufficiale della corte del re (che ha una posizione sociale alta) può essere chiamato ‘ebed, perchè si trova agli ordini del re. Ugualmente uno schiavo (con posizione sociale bassa) può essere chiamato ‘ebed.
L'uso religioso del termine fuori del Deutero-Isaia ("servo di Dio", oppure "il mio servo" ecc. in rapporto a YHWH) è assai comune e viene applicato a molti individui (Mose, Davide, Elia, ecc.), anche genericamente (la voce dell'orante in molti salmi), e qualche volta, soprattutto in testi della storiografia deuteronomistica (Dtr), viene applicato collettivamente ai profeti ("i miei servi i profeti").
Per una comprensione esatta del problema esegetico è di grande importanza notare l'esistenza di due gruppi di testi che menzionano il servo di YHWH nel Deutero-Isaia: (1) i testi dove il lettore sa a chi si riferisce il termine "servo", e (2) i testi dove il referente non è chiaro.
In una dozzina di testi nel Deutero-Isaia è chiaro che il termine "servo" si riferisce ad una collettività (il popolo Israele, in qualche modo – o tutto il popolo o una parte rappresentativa del popolo). Questo uso probabilmente non si trova prima del Deutero-Isaia (la sola eccezione possibile sarebbe Ger 30,10, ma è più probabile che questo testo viene da redattori posteriori del libro di Geremia sotto l'influsso dei testi del Deutero-Isaia).
L'uso collettivo è esplicito in sette testi (41,8.9; 44,1.2.21; 45,4; 48,20) ed è implicito ma molto probabile tenuto conto del contesto immediato in altri sei testi (42,19; 43,10; 44,26; 49,7; 50,10). Esaminando questi testi, ci si rende conto subito che la collettività a cui il termine "servo" si riferisce viene spesso personificata, cioè presentata in termini individuali benchè sia certo che si tratta appunto di una collettività: cf. per es. 41,13 ("... ti tengo per la mano destra") oppure 44,2 ("...formato dal seno materno").
C'è però un secondo gruppo di testi nel Deutero-Isaia caratterizzati dal fatto che in essi il referente del termine "servo" non è chiaro nonostante la maggior ampiezza della trattazione del tema. Si tratta dei quattro brani abitualmente (anche se un po' abusivamente) chiamati "i quattro Canti del Servo" ("Gottesknechtlieder", "Servant Songs", ecc.). (In realtà non sono "canti" in senso proprio, e ci sono parecchi altri testi poetici nel Deutero-Isaia che parlano del servo di YHWH!) La delimitazione dei primi tre di questi brani è discussa (come abbiamo visto a proposito del testo letto nella lezione precedente): indicando queste incertezze, i testi sono: 42,1-4 (-7) (-9); 49,1-6 (-7) (-9a) (-13); 50,4-9 (-11); 52,13–53,12.
Quale relazione c'è fra queste due serie di testi? La prima serie può fornire la determinatezza ai testi della seconda serie che internamente sono indeterminati quanto al referente del motivo "servo di YHWH"? Oppure i testi della seconda serie sono troppo diversi da quelli della prima serie da poter ricevere una chiave di lettura da essi? Più precisamente bisogna distinguere il problema in due fasi: (1) nel testo attuale di Is 40–55 quale è la relazione fra le due serie di testi, e (2) nella storia di formazione di Is 40–55 quale è stata la relazione fra le due serie di testi? Cioè, il problema dev'essere affrontato sia a livello sincronico che a livello diacronico, come nelle note seguenti.
Iniziando dal livello dello studio del testo esistente del Deutero-Isaia (studio sincronico), la discussione riguardante la relazione fra i testi della prima serie (referente "collettività") e quelli della second serie ("i Canti del Servo") divide gli studiosi in due gruppi che propongono delle tesi contrastanti.
Gli studiosi che sostengono la prima tesi sottolineano le differenze che vedono fra la figura del servo di YHWH fuori dei Canti (cioè "servo Israele") e il servo all'interno dei quattro canti.
(1) Servo-Israele ha ricevuto da Dio un grande castigo per i suoi molti peccati (40,2), ma adesso ha ricevuto il perdono divino (44,22). In contrasto, il servo di Is 53 ha anche sofferto molto, ma da innocente, portando i peccati di altri (53,4-7.11).
(2) Israele si lamenta "il mio diritto (mišpāṭ ; משׁפט) è trascurato dal mio Dio" (40,27), ma il servo di Is 49,4 si affida a YHWH ("Certo il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio").
(3) Lo stesso servo di Is 49,5-6 ha una missione verso Israele (e anche verso le nazioni); se è così, non può essere identico con Israele.
Queste differenze portano questi studiosi alla conclusione che l'interpretazione dei quattro Canti deve prescindere dai testi che parlono del Servo-Israele. Cioè nei quattro Canti il tema "servo" deve riferirsi ad un individuo. Ma quale individuo? A questo punto i sostenitori di questa prima tesi si dividono in modo impressionante: per alcuni si tratta di una figura del passato remoto (per es., Mosè) o del passato recente (Geremia) o del presente (il profeta Deutero-Isaia stesso, il re Ioiachin, Zorobabele) o del futuro (un re ideale – cioè un senso messianico – o un profeta ideale del futuro che sarà un nuovo Mosè).
L'argomento principale portato dagli studiosi che sostengono questa tesi è quello strutturale, cioè, vedono una forte integrazione dei quattro Canti del Servo con il loro contesto letterario attuale nel Deutero-Isaia.
Per esemplificare questo tipo di argomentazione seguiamo (con leggeri adattamenti) il Mettinger (1983) nel suo tentativo di provare che il primo canto del servo (da lui delimitato come 42,1-9) faccia parte integrante del suo contesto attuale nel libro (cf. lo schema sintetico). Inizia il Mettinger segnalando una simmetria strutturale nel blocco 41,1–42,12, più o meno come segue:
A | 41,1-5 (6-7) | Un brano di controversia giudiziale (rîb), che allude al re Ciro |
B | 41,8-13 | Sul "Servo di YHWH" identificato con Israele |
C | 41,14-20 | Tutta la natura si esulta |
A′ | 41,21-29 | Un brano di controversia giudiziale (rîb), che allude al re Ciro (v. 25) |
B′ | 42,1-9 | Sul "Servo di YHWH" non-identificato |
C′ | 42,10-12 | Tutta la natura si esulta |
Una tale disposizione simmetrica, così argomenta il Mettinger, non può essere il risultato di puro caso. Al contrario deve rappresentare "l'intenzione" del testo attuale ("intentio operis"). Per cui il rapporto strutturale fra gli elementi B (servo Israele) e B′ (servo indeterminanto) può aiutare il lettore a risolvere l'indeterminatezza del Servo nel 42,1-9.
L'argomento strutturale viene rafforzato in questo caso anche da un argomento lessicale, cioè, notando che ci sono dei contatti lessicali impressionanti fra l'elemento B (41,8-13) e l'elemento B′ (42,1-9). Eccone alcuni (si tratta del testo ebraico, naturalmente; le versioni moderne non possono sempre usare lo stesso termine per rendere due ricorrenze della stessa radice ebraica, come si vede qui a proposito della versione CEI):
• il sintagma ‘bdy ("il mio servo") nel 41,8.9 e nel 42,1
• la radice TMK nel 41,10 ("ti sostengo") e 42,1 ("che io sostengo")
• la radice BḤR nel 41,8 ("ho scelto").9 ("ho scelto") e 42,1 ("il mio eletto")
• la radice QR’ nel 41,9 ("ho chiamato") e 42,6 ("ho chiamato")
• la radice ḤZQ nel 41,9 ("ho preso").13 ("ti tengo") e nel 42,6 ("ti ho preso")
Questi contatti lessicali rafforzano la vicinanza fra l'elemento B e l'elemento B′ e rendono ancora più probabile la tesi che abbiamo in 42,1-9 lo stesso servo del 41,8-13, e cioè Israele.
Il Mettinger ha cercato di provare una simile integrazione nel contesto anche per gli altri tre "Canti del Servo", ma il tempo non ci consente una presentazione completa. Passiamo subito alle conseguenze di questa tesi.
Se i quattro "Canti del Servo" risultano ben integrati nel loro contesto letterario attuale nel Deutero-Isaia, segue che i lettori di questo testo nella sua forma attuale sono invitati a leggere i quattro canti nella luce del contesto, e cioè lasciarsi guidare nella lettura dei quattro canti dai testi espliciti che riferiscono il termine "servo" alla collettività (la prima serie sopra). In questo modo l'indeterminatezza della figura del servo nei quattro canti viene risolta dalla determinazione di riferimento di "servo di Dio" nella prima serie di testi.
Per gli studiosi di questo secondo gruppo il servo di YHWH nei quattro canti è una collettività che in qualche maniera può essere chiamato "Israele" (come di fatto viene chiamato addirittura all'interno del secondo canto nel 49,3). Si tratterebbe forse di un gruppo di Israeliti fedeli, che hanno accolto nella fede il messaggio del profeta esilico ("Deutero-Isaia") e che formeranno il nucleo intorno al quale la massa del popolo può radunarsi e rinnovarsi nella vocazione di essere popolo dell'alleanza e luce delle nazioni. Il gruppo di fedeli ha perciò una missione anche verso Israele (49,5-6), cioè, verso la massa degli israeliti che non hanno ancora creduto alla buona novella del "Consolate, consolate il mio popolo" (40,1). In questo tipo di lettura le sofferenze del "servo di YHWH" (cf. soprattutto Is 53) possono essere lette come le sofferenze del profeta esilico e dei suoi fedeli discepoli, perseguitati forse dalle autorità babilonesi a causa del loro messaggio sovversivo (in termini politici).
Spostandoci adesso nell'altra fase di studio, quella diacronica, troviamo che anche qui gli studiosi si dividono a proposito dell'origine e genesi dei testi sul servo di YHWH. Le opzioni principali sono due (che non sono però omologabili con le due tesi appena viste nello studio della forma esistente del testo).
Per i sostenitori di questa tesi si tratta dei primi tre canti almeno; il quarto canto (52,13-53,12) viene da alcuni attribuito ai discepoli del profeta. L'argomento principale in favore dell'originalità di almeno tre canti è quello preso dall'analisi linguistica. Infatti, seguendo gli studi dettagliati di North, non ci sono differenze sostanziali nel lessico e nello stile fra i canti del servo e gli altri testi del Deutero-Isaia; perciò nulla vieta attribuire anche i canti al profeta stesso. Chi accetta questa tesi diacronica ha ancora una larga gamma di possibilità per identificare il referente dei brano sul servo.
Già nel suo commentario del 1892 Duhm ha proposto che i quattro canti del servo ("Ebed-Jahwe-Lieder") formassero un piccolo libretto a parte, composta ben dopo il Deutero-Isaia da un autore giudaico nella prima parte del V sec., comunque prima dell'arrivo di Neemia (445 a.C.). In seguito i quattro brani sono stati inseriti in mezzo alle profezie del Deutero-Isaia.
Molti autori hanno seguito questa tesi, qualche volta con varie modifiche (anche per quanto riguarda la data di composizione).
Fra gli studiosi più recenti di questo gruppo troviamo Steck (1984, 1985), che ha anche proposto un'argomento nuovo per appoggiare la tesi. Second Steck i quattro canti esibiscono uno schema letterario comune, che confermerebbe la loro mutua appartenenza. Si tratta di uno schema tradizionale in tre elementi che descrive il conferimento di un incarico particolare da parte di Dio nello scenario della corte celeste. Gli elementi dello schema sono come segue: (1) descrizione del compito ricevuto ("Auftrag"); (2) maniera di eseguire il compito ("Art der Ausführung"); (3) il risultato o la riuscita ("Gelingen") riguardo al servo stesso e riguardo ai destinatari della sua missione, cioè "le nazioni".
Steck insiste anche che i canti hanno cambiato senso e referente durante il processo di formazione e redazione. Inizialmente nella raccolta separata i primi tre canti erano l'opera del Deutero-Isaia stesso che descriveva le vicende del suo proprio ministero come "servo di YHWH". Il profeta morì di morte violenta ed è stato sepolto in modo disonorevole; di questo si tratta nel quarto canto, opera dei suoi discepoli che volevano aiutare i loro connazionali a superare lo scandalo creato dalla morte del profeta. (Si noterà che anche molti altri studiosi sostengono che il primo referente del tema "servo di YHWH" era il profeta Deutero-Isaia stesso. Ciò non impedisce, si capisce, che il tema possa avere altri referenti quando viene letto in altri orizzonti.)
Poi, sempre secondo Steck, quando i quattro canti venivano inseriti nella collezione (in fase di formazione) del Deutero-Isaia, hanno cambiato il loro senso e il loro referente secondo il contesto nel quale sono stati inseriti. Per esempio, letto nel suo contesto attuale il servo del primo canto (42,1-4) indicava probabilmente il re Ciro; il servo del secondo canto era probabilmente Israele come collettività; il servo del quarto canto forse era Sion, la Gerusalemme personificata che ha tanto sofferto e che adesso verrà restaurata da Dio.
Prescindendo dai dettagli di questa proposta di Steck, notiamo l'interesse della linea generale di lettura, cioè, la possibilità che il tema "servo di YHWH" possa aver avuto una molteplicità di referenti già durante il processo di formazione del testo.
La complessità delle questioni esegetiche sollevate dallo studio dei brani riguardanti il tema "servo di YHWH" nel Deutero-Isaia dovrebbe risultare piuttosto chiara anche dal sommario appena presentato. La discussione fra gli studiosi continua, e continuerà con ogni probabilità, senze poter arrivare a conclusioni certe. La ragione sta nella polisemia dei testi stessi e nella molteplicità di orizzonti in cui i testi possono essere letti. Comunque qualche breve nota conclusiva si può offrire, prima sul versante dello studio diacronico, poi su quello dello studio della forma esistente del testo.
Un buon numero di studiosi contemporanei sostengono che occorre pensare ad una complessa storia di redazione dei testi riguardanti il "servo di YHWH" nel Deutero-Isaia prima e nel libro di Isaia poi. Gli indizi testuali sembrano esigere l'ipotesi di una storia di redazione in vari stadi. La proposta di Steck (che viene accettata da alcuni ma non da tutti) può servire almeno come un esempio di questo tipo di lavoro e delle sue potenzialità ermeneutiche.
Il problema qui riguarda la seconda serie di testi menzionata sopra, cioè, i brani dove il referente del tema "servo di YHWH" non è chiaro, in pratica, i quattro canti. Come abbiamo visto, diversi studiosi hanno offerto diverse proposte di lettura di questi testi, identificando il "servo" chi con una figura di re, chi con una figura di profeta, chi con una collettività (Israele in qualche modo). Di tutte (o quasi) le proposte bisogna dire che hanno le loro ragioni nel testo (e perciò la discussione continua!). Ci sono effettivamente certi tratti nella descrizione del servo nei quattro canti che favoriscono il riferimento a un re, altri tratti che favoriscono il riferimento a un profeta, altri ancora che favoriscono il riferimento a un gruppo.
Spiegare come questi diversi tratti siano arrivati nel testo è compito dello studio diacronico. Sapere come "gestire" questi diversi tratti che adesso ci sono nel testo è compito dello studio sincronico.
Che fare dunque di fronte alla sovrabbondanza semantica dei testi dei quattro canti, di fronte alla loro polisemia, che risulta evidente dalla diversità di letture proposte dagli studiosi? Un passo avanti possiamo forse fare se abbandoniamo il concetto semplice di un passaggio immediato dal singolo dato testuale direttamente al referente extratestuale del dato (il concetto di testo come messaggio cifrato dove una sola lettura può essere quella corretta). La polisemia del "servo" nel testo attuale suggerisce al contrario che sarebbe utile pensare in termini di tre, non due, realtà, cioè, (1) i singoli dati testuali, che prima (2) vanno a costituire una realtà testuale metaforica o forse meglio un simbolo letterario, che poi a suo turno (3) possiamo riferire alla realtà extratestuale. I simboli letterari, come si sa bene dallo studio delle nostre letterature, possono benissimo contenere diversi aspetti e avere diversi referenti extratestuali, non sono univoci.
Così anche per il simbolo letterario-teologico "servo di YHWH" composto da una molteplicità polisemica di tratti. Il "servo" del testo finale è prima di tutto una realtà testuale che ha tratti comunitari e tratti individuali, tratti profetici e tratti reali, tratti di una figura del passato o del presente, e tratti di una figura futura. Questa realtà testuale funziona principalmente come una descrizione di ruolo, un progetto, che può essere attualizzato in qualche modo nella realtà extratestuale da varie persone o gruppi. Ma funziona anche come un potente motivo di speranza, e con questo rientra pienamente nel suo contesto nel libro di Isaia ("Consolate, consolate il mio popolo...").
Questo grande simbolo teologico "servo di YHWH" è stato poi riferito o applicato a diverse realtà extratestuali, già all'interno della Bibbia. Nello stesso AT parecchi studiosi sostengono che abbiamo in Is 61,1ss ("Lo spirito del Signore è sopra di me...") un'applicazione del simbolo-servo ad un individuo, mentre in Dn 12,3 (come vedremo alla fine del corso) è assai probabile che il simbolo "servo di YHWH" (con tratti precisi di Is 53) venga applicato ad un gruppo di pii israeliti nella gravissima crisi del 2º sec. a. C.
Concludiamo con un'accenno al NT. Tutti sanno che il simbolo "servo di YHWH" viene applicato al ministero di Gesù (cf. Mt 12) e soprattutto alla sua passione e morte (parecchi testi). Meno noto forse è il fatto che l'applicazione a Gesù non è l'unica nel NT. Il simbolo "servo di YHWH" viene applicato anche ai predicatori della buona novella, cioè a un gruppo. Il testo più chiaro in questo senso è probabilmente At 13,47. In questo testo Paolo e Barnaba dichiarono con franchezza ai Giudei di Antiochia di Pisidia che il loro rifiuto di accogliere la parola di Dio ha come conseguenza l'apertura del messaggio ai pagani: "...ecco noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: 'Io ti ho posto come luce per le genti, perchè tu porti la salvezza sino all'estremita della terra'". La citazione è dal secondo canto del servo, Is 49,6, e Paolo e Barnaba applicano a se stessi ("così ci ha ordinato il Signore") il compito dato da YHWH al servo di Is 49 ("ti ho posto come luce per le genti...").
Nella stessa opera lucana Gesù è stato descritto in Lc 2,32 come "luce per illuminare le genti"; mentre in At 13 sono Paolo e Barnaba (e per estensione, tutti i predicatori della buona novella) che hanno questo compito, che fa parte del simbolo "servo di YHWH". In altre parole, anche nel NT abbiamo un'applicazione individuale e un'applicazione collettiva del simbolo "servo di YHWH". Ciò sembra confermare la pista ermeneutica proposta in queste riflessioni conclusive.