Il tema "servo di YHWH" è uno dei temi più caratteristici e importanti di Is 40-55 (anche se si trova diverse volte pure nei capp. 56-66). Spesso si parla dei "quattro canti del servo" riferendosi ai brani Is 42,1-4; 49,1-6; 50,4-9; 52,13–53,12 (con problemi di delimitazione dei primi tre brani). In questa lezione vogliamo leggere il primo di questi brani e nella prossima lezione esamineremo la questione del tema "servo" più in generale. Anche se cominciamo dal cap. 42, è importante notare che 42,1 non è affatto la prima ricorrenza del tema "servo" nel Deutero-Isaia; arrivando al cap. 42, il lettore già conosce il tema dal cap. 41 (vv. 8-9 e i seguenti). Ritorneremo al significato di questa osservazione nella prossima lezione. Per adesso ci limitiamo ad una lettura della forma esistente di Is 42,1-4, rimandando la problematica diacronica alla prossima lezione. Come di solito in questo corso, rimaniamo nell'orizzonte dell'AT, lasciando ai commentatori del NT il compito di esaminare l'uso del testo in Mt 12,18-21 e altrove.
I punti principali della lezione sono:
Una bibliografia specifica su Is 42,1-9 si trova qui, mentre una bibliografia generale sul tema "servo di YHWH" si trova qui.
Prima della discussione di questi due punti vediamo una traduzione di Is 42,1-9 (versione CEI prima edizione)
[42,1a] | Ecco il mio servo che io sostengo, |
[42,1b] | il mio eletto di cui mi compiaccio. |
[42,1c] | Ho posto il mio spirito su di lui; |
[42,1d] | egli porterà il diritto alle nazioni. |
[42,2a] | Non griderà né alzerà il tono, |
[42,2b] | non farà udire in piazza la sua voce, |
[42,3a] | non spezzerà una canna incrinata, |
[42,3b] | non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. |
[42,3c] | Proclamerà il diritto con fermezza; |
[42,4a] | non verrà meno e non si abbatterà, |
[42,4b] | finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; |
[42,4c] | e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. |
[42,5a] | Così dice il Signore Dio |
[42,5b] | che crea i cieli e li dispiega, |
[42,5c] | distende la terra con ciò che vi nasce, |
[42,5d] | dà il respiro alla gente che la abita |
[42,5e] | e l'alito a quanti camminano su di essa: |
[42,6a] | «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia |
[42,6b] | e ti ho preso per mano; |
[42,6c] | ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo |
[42,6d] | e luce delle nazioni, |
[42,7a] | perché tu apra gli occhi ai ciechi |
[42,7b] | e faccia uscire dal carcere i prigionieri, |
[42,7c] | dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. |
[42,8a] | Io sono il Signore: questo è il mio nome; |
[42,8b] | non cederò la mia gloria ad altri, |
[42,8c] | né il mio onore agli idoli. |
[42,9a] | I primi fatti, ecco, sono avvenuti |
[42,9b] | e i nuovi io preannunzio; |
[42,9c] | prima che spuntino, |
[42,9d] | ve li faccio sentire». |
Attenzione: in qualche traduzione moderna (per es. The New American Bible) le righe 3c e 4a vengono omesse (si ha pensato che potrebbero essere il prodotto di una dittografia nella storia scribale del testo) e si noterà che anche nella citazione del testo isaiano nella pericope Mt 12,15-21 (al v. 20) una parte di queste righe non c'è. Comunque, con la quasi totalità degli studiosi e delle versioni, le manterremo nel testo per la nostra lettura.
Mentre l'inizio di un nuovo brano a 42,1 è piuttosto chiaro (i versetti precedenti sono di altra natura – uno dei brani "polemici" contro le divinità delle nazioni), non c'è accordo fra gli studiosi riguardo alla fine della piccola unità, che alcuni mettono dopo il v. 9 (si veda il brano innico nei vv. 10-12 con funzione di conclusione di una sezione), altri dopo il v. 7 (si noti come i vv. 8-9 riprendono la tematica degli ultimi versetti del cap. 41), altri ancora dopo il v. 4 (si noti la formula iniziale del v. 5a che spesso segnala una nuova unità).
Seguiamo, anche per ragioni pratiche di tempo a disposizione, quest'ultima posizione, pur riconoscendo i stretti legami fra i vv. 1-4 e 5-9. (Aggiungiamo che la disputa sulla delimitazione della forma finale del testo in questo caso, come in parecchi altri, potrebbe avere la sua causa ultima nella formazione graduale del testo, cioè, una discussione letteraria sincronica potrebbe implicare una problematica diacronica.)
Non sembra che si possa proporre una strutturazione molto curata di tipo concentrico o simile per i vv. 1-4. Si può comunque utilmente riflettere sulla proposta sobria del Renaud (1990), che si può sintetizzare come segue:
v. 1 | Presentazione iniziale del servo (si noti il termine tradotto "diritto" [mišpāṭ] alla fine nel v. 1d) |
vv. 2-3 | Una prima esplicitazione (iniziando nell'ebraico con la particola "non"; e si noti "il diritto" alla fine nel v. 3c) |
v. 4 | Una seconda esplicitazione (iniziando nell'ebraico con la particola "non"; e si noti "il diritto" verso la fine nel v. 4b) |
L'insistenza sulla particola "non" (che ricorre sette volte nei vv. 1-4) suggerisce una preoccupazione del testo ad escludere una comprensione inesatta della vita e della missione del servo. E poi la triplice ricorrenza del vocabolo tradotto "diritto" segnala l'importanza notevole del termine per la tematica del brano, che sarà da approfondire.
Anche se normalmente non si entra nel campo della critica testuale in questo corso (perchè richiede una buona conoscenza della lingue bibliche originali), facciamo eccezione qui al v. 1 per notare le letture della versione greca e del Targum aramaico.
La LXX inserisce due nomi propri assenti dal testo ebraico nel v. 1a-b: "Giacobbe il mio servo, io lo sosterrò; Israele, il mio eletto, in esso si compiace l'anima mia". E con questo chiaramente identifica il "servo di YHWH" qui con il popolo di Israele (o almeno con una parte rappresentativa del popolo).
Diversamente alcuni manoscritti del Targum aramaico (ma non quelli migliori) inseriscono il termine "messia" nel v. 1a ("ecco il mio servo, il messia, che io sostengo..."), offrendo così un'interpretazione messianica esplicita.
In sede di critica testuale gli specialisti sono d'accordo nel ritenere che il testo ebraico masoretico sia certamente più vicino all'originale in questo caso. Ma le letture della Settanta e di quei manoscritti del Targum sono comunque interessanti perchè ci forniscono un accesso alla storia antica di interpretazione del brano già allora di non chiaro significato.
Il brano dapprima presenta l'iniziativa di YHWH nei confronti del suo servo, poi esplicita ulteriormente il modo di essere e di agire del servo, e finisce presentando i destinatari della missione del servo, cioè, le nazioni. La dinamica del brano dunque va così: da YHWH attraverso il servo verso le nazioni. Visto però che la missione verso le nazioni fa parte anche dell'iniziativa di YHWH, possiamo dividere il commento sul brano in due parti: (3.1) l'iniziativa di YHWH verso il servo e verso le nazioni, e (3.2) il modo in cui il servo adempie la sua missione.
Esamineremo adesso più da vicino alcuni tratti del linguaggio usato per comunicare questi due aspetti. Anche se per necessità pratica qui faremo riferimento alla versione italiana, l'analisi è stata condotta in realtà sul testo ebraico; chi è in grado di leggere l'ebraico, farà cosa molto utile se controlla i termini nella lingua originale. "Difatti le cose dette in ebraico non hanno la medesima forza quando sono tradotte in altre lingue" (Siracide, prologo 21-22).
Il termine "ecco" (v. 1a: הנה) suggerisce uno scenario in cui la voce parlante (YHWH) presenta il suo servo pubblicamente. A chi? Nella comunicazione testuale evidentemente ai lettori del testo, ma forse c'è di più. Un buon numero di studiosi hanno ipotizzato qui nel mondo del testo uno scenario di corte celeste (come in Is 6 e forse anche nel 40,1-8), il che significherebbe che YHWH presenta il suo servo ai membri della sua corte prima dell'inizio della sua missione. Bisogna ammettere che mancano degli indizi espliciti per un tale scenario all'interno di 42,1-4 (o anche di 42,5-9); però l'ultimo brano del cap. 41 (dal v. 21 in poi) è uno scenario di tribunale, il quale potrebbe forse appoggiare l'ipotesi anche per 42,1-4. Se l'ipotesi fosse attendibile, darebbe una solennità ancora maggiore al brano.
Adesso vogliamo esaminare alcuni termini adoperati nel v. 1 per descrivere l'iniziativa di YHWH verso il suo servo, e in particolare vogliamo vedere l'uso di questi termini altrove nel Deutero-Isaia. Infatti l'uso dei termini in altri testi della stessa collezione potrebbe forse aiutarci a identificare meglio il riferimento concreto del termine "servo" qui (riferimento non chiaro già dall'antichità, come abbiamo visto sopra). Il termine stesso "servo" (‘ebed: עבד) verrà esaminato nella prossima lezione.
3.1.2.1 Scelto, eletto
Cominciamo dal termine tradotto "il mio eletto" (v. 1b: בחירי) che si trova in parallelismo diretto con "il mio servo" (v. 1a). Lo stesso sintagma "il mio eletto" (nella voce di YHWH) si trova in due altri testi del Deutero-Isaia: 43,20 (dove si identifica con "il mio popolo") e 45,4 (dove descrive "Israele" in parallelismo con "Giacobbe mio servo"). Conclusione provvisoria: anche a 42,1 "il mio eletto" potrebbe riferirsi al popolo di Israele (o almeno una parte del popolo).
Il verbo "scegliere, eleggere" [בחר] si trova 8x in Is 40-55, di cui sei hanno YHWH come soggetto (41,8.9; 43,10; 44,1.2; 49,7). Nei primi cinque di questi testi l'oggetto dell'azione di "scegliere" da parte di YHWH è il popolo Giacobbe-Israele. Il sesto testo (49,7) fa parte dell'estensione del "canto del Servo" in 49,1-6, dove l'identità del servo che YHWH ha scelto (49,7) non è del tutto chiara. Comunque anche qui una conclusione s'impone: l'uso del motivo "YHWH sceglie qualcuno" nel Deutero-Isaia riguarda il popolo, almeno nella grande maggioranza dei casi, e dunque anche a 42,1 lo stesso potrebbe essere il caso.
3.1.2.2 Sostenuto
Il verbo "sostenere" (42,1a: תמך) si trova soltanto in un altro testo del Deutero-Isaia, cioè, a 41,10, dove YHWH dice a Israele-Giacobbe "ti sostengo con la destra vittoriosa". Dunque anche il "servo" di 42,1, sostenuto da YHWH, potrebbe essere il popolo.
3.1.2.3 Riceve il dono dello spirito
Is 42,1c è il solo testo nel Deutero-Isaia dove abbiamo il verbo "dare, porre" (נתן: CEI "ho posto") con oggetto il sostantivo "spirito" [רוח] per indicare un dono salvifico dello spirito da parte di YHWH. Però lo stesso motivo (dono salvifico dello spirito) si trova in due altri testi, con diversi verbi ebraici: 44,3 (che promette un'effusione dello spirito divino sulla collettività Giacobbe-Israele) e 48,16 (un testo filologicamente difficile, dove colui a cui YHWH dona il suo spirito sembra essere un individuo, forse un profeta: ma l'interpretazione è discussa). Comunque, in vista di 44,3 si può senz'altro dire che il motivo del dono dello spirito a 42,1 potrebbe avere come destinatario il popolo di Israele.
3.1.2.4 Conclusione dell'analisi
Già dall'analisi di questi tre termini del 42,1 si vede la problematica per chi vuole capire questo testo nell'orizzonte del Deutero-Isaia, e cioè, il linguaggio usato qui a proposito del "servo di YHWH" lascia aperta la possibilità (qualcuno forse direbbe la probabilità statistica) che il termine "servo" si riferisce ad una collettività (Israele o parte di Israele). La lettura "individuale" non è esclusa, si capisce, ma non è l'unica possibile.
Lasciamo per il momento la questione dell'identificazione del servo (che verrà ripresa nella prossima lezione) e proseguiamo con la lettura del brano, parlando semplicemente di "servo" senza decidere se il termine si riferisce ad un individuo reale (cioè, nel mondo extratestuale) o ad un individuo letterario (nel mondo del testo) che sarebbe metafora per una collettività reale.
La missione del servo è messa in rapporto con il concetto "diritto" (CEI) tre volte nel brano (vv. 1d, 3c, 4b) e in due di questi casi i destinatari sono popoli stranieri (vv. 1d e 4b-c). Adesso si tratta di esaminare questi aspetti.
3.1.3.1 Il termine mišpaṭ: "diritto, giudizio, ecc."
Il termine ebraico tradotto "diritto" nella versione CEI è mišpāṭ (משׁפט), che è notoriamente difficile da tradurre, in quanto possiede una larga gamma di significati e non è sempre chiaro quale di queste potenzialità semantiche venga attualizzata in un dato contesto. Ciò spiega le differenze fra le versioni moderne nella traduzione del termine in Is 42. Grosso modo si possono raggruppare le varie possibilità in due gruppi, ciascuno dei quali ha i suoi sostenitori fra i commentatori e fra le versioni moderne:
(1) riferendo il termine in Is 42 all'insieme delle direttive di YHWH per un ordinamento giusto della società: in questa linea c'è la traduzione "il diritto" della versione CEI (cf. NRSV "justice", EÜ "das Recht", BJ "le droit", Bíblia del Peregrino "el derecho", ecc.);
(2) riferendo il termine in Is 42 ad una decisione sovrana di YHWH per il benessere futuro delle nazioni che sono i beneficiari di questa decisione; in questa linea c'è la traduzione "iudicium" della Volgata (cf. la versione TOB "le jugement", il commentario di Elliger "Entscheid", ecc.).
In ogni caso si noti il parallelismo nel v. 4b-c fra mišpāṭ e tôrāh (quest'ultimo termine tradotto correttamente qui "dottrina" oppure "istruzione"). Questa "dottrina" è qualificata come "la sua dottrina", cioè, del servo; dunque non si tratta di tôrāh nel senso di un codice scritto di leggi ma di un insegnamento dato dal servo. Sembra dunque che la missione del servo consisterà appunto nel far conoscere o promulgare fra le nazioni il vero progetto salvifico di YHWH nei loro riguardi (cf. la bella traduzione del v. 1d nella versione Tanakh [Jewish Study Bible]: "He shall teach the true way to the nations").
3.1.3.2 I destinatari della missione
Tre diversi termini indicano i destinatari della missione del servo: "le nazioni" (v. 1d), "la terra" (v. 4b), e "le isole" (v. 4c). Nel contesto qui sono sinonimi, anche se ciascun termine ha la sua propria configurazione semantica. Il termine "nazioni" (gôyîm) indica comunemente i popoli stranieri; in certi contesti può avere una forte connotazione negativa (popoli stranieri ostili corrotti ecc.) ma qui chiaramente non è il caso. Il termine "la terra" (v. 4b) di per sé potrebbe anche indicare "la terra di Israele", ma il parallelismo con "le isole" (v. 4c) suggerisce il senso più largo di "il mondo". In fine, il termine "le isole" (v. 4c: איים) è tipico del Deutero-Isaia ( 40,15; 41,1.5; 42,4.10.12.15; 49,1; 51,5), dove indica le isole oppure le regioni costiere del Mediterraneo come simbolo di popoli lontani.
Nella lettura di questi versetti, dove abbondano le ricorrenze della particola negativa "non", la questione principale da esaminare riguarda il senso dei vv. 2-3b. Ci sarebbero anche altri punti da chiarire ma il tempo manca per una discussione più completa.
Nella ricerca si trova una lettura largamente maggioritaria (3.2.1.1) e un'altra difesa da pochi studiosi ma che comunque apre prospettive interessanti (3.2.1.2).
3.2.1.1 Come il servo tratta gli altri
L'interpretazione di gran lungo più comune di questi versetti è quella che ci vede una descrizione della maniera in cui il servo svolgerà la sua missione. Tratterà le persone a cui viene mandato con gentilezza e mitezza, non con voce alta ed aggressiva (v. 2a-b). Sarà comprensivo verso le loro debolezze (indicate con le immagini della canna incrinata e dello stoppino dalla fiamma smorta). Probabilmente queste persone si trovano fra gli ebrei deportati in Babilonia, anche se si potrebbe trattare anche di stranieri delle altre nazioni di cui si parla nei vv. 1d, 4b-c.
3.2.1.2 Come il servo si comporta nelle sue proprie difficoltà
Una lettura diversa dei vv. 2-3b è stata proposta dal Renaud (1990), sulla base delle idee di alcuni pochi predecessori. Secondo questa lettura, il testo parlerebbe delle difficoltà incontrate dal servo nello svolgimento della sua missione e di come il servo si comporterà di fronte a queste crisi personali e ministeriali. La proposta è rimasta minoritaria, ma vale la pena esaminare alcuni degli argomenti proposti in suo favore (ci sono anche altri argomenti basati su questioni del testo ebraico che non possiamo trattare qui).
In primo luogo, il Renaud si sofferma sul verbo ebraico tradotto "gridare" (צעק) nel v. 2a. Questo verbo e il sostantivo corrispondente vengono usati 61x in tutto l'AT e, secondo Renaud, in ben 59 di questi testi il senso è "gridare per aiuto" da parte di una persona che si trova in una situazione difficile e minacciosa. Dunque non si tratta di "gridare" semplicemente nel senso di parlare forte; al contrario, è un gridare specifico. La probabilità statistica favorisce lo stesso senso anche in Is 42,2, e allora il significato sarebbe: il servo si troverà in una situazione difficile e minacciosa, dove sarebbe normale gridare per aiuto; egli però non griderà così, perchè ha piena fiducia nell'assistenza del Dio che lo ha mandato in missione (v. 1).
Poi, il sintagma verbale "alzare la voce" (נשׂא קול: CEI "non alzerà il tono") nel v. 2a-b si trova 17x nell'AT. In 13 di questi testi c'è la sfumatura di "alzare la voce, lamentando" (di fatti in questi 13 testi c'è anche il verbo "piangere"). Anche se meno soverchiante dell'osservazione precedente, la probabilità statistica qui pure favorirebbe lo stesso senso a Is 42,2: il servo non si lamenterà ad alta voce, anche se si trova in una situazione difficile, dove sarebbe normale lamentarsi.
Nella luce di questa lettura del v. 2 il Renaud poi ha proposto un'altra comprensione delle immagini del v. 3. Traduce il v. 3a-b (con un leggero emendamento del testo ebraico) in questo senso: "Egli [il servo], canna incrinata, non si spezzerà; egli, stoppino dalla fiamma smorta, non si spegnerà". Cioè, il servo soffrirà molto nel corso della sua missione, sì da sembrare sul punto di cedere (canna incrinata, fiamma smorta), ma non cederà infatti. Comunicherà il messaggio di YHWH fedelmente (v. 3c) e non perderà la sua fiducia nel Signore (v. 4a).
L'interesse di questa lettura sta nel fatto che già nel cap. 42 la profezia parlerebbe chiaramente delle sofferenze del servo, che poi verranno ulteriormente descritte nei capp. 50 e 53 particolarmente.
Però la tesi del Renaud è rimasta minoritaria per una serie di ragioni, di cui si possono menzionare qui un paio. (1) Riguardo ai due sintagmi del v. 2a-b, bisogna notare che la probabilità statistica non esclude la possibilità di casi che non seguono l'usanza più comune; ossia, le eccezioni sono sempre possibili. Dunque il "gridare" nel v. 2a potrebbe non avere il senso più comune di "gridare per aiuto"; potrebbe significare "parlare ad alta voce" senza la connotazione di trovarsi in una situazione minacciosa (come probabilmente è il caso a Es 5,8 e forse anche a 1 Re 20,39). E poi c'è un terzo sintagma vocale nel v. 2b "non farà udire ... la sua voce", le cui ricorrenze altrove non implicano nella maggioranza dei casi una situazione minacciosa per il parlante. (2) Il fatto che la nuova traduzione del v. 3a-b, dove le immagini della canna e della fiamma vengono applicate al servo stesso, si basa su emendamenti testuali non la squalifica a priori, ma certo indebolisce la sua capacità di convincere gli studiosi.
In ogni caso, anche se non ci si sente di seguire in tutto la proposta senz'altro interessante del Renaud, rimane fuori dubbio che i vv. 3c-4a accennano all'opposizione che il servo incontrerà nello svolgimento della sua missione e alla sua fortezza nel proseguire la missione nonostante queste difficoltà. Nell'ebraico i due verbi nel v. 4a tradotti "non verrà meno e non si abbatterà" sono gli stessi verbi di quelli usati nel v. 3a-b a proposito della canna e della fiamma. Ciò è significativo anche nell'interpretazione comune dei vv. 2-4a (naturalmente è ancora più significativo nell'ipotesi del Renaud!).
Questa lettura, senz'altro incompleta, di Is 42,1-4 ci fa comunque vedere come il centro d'interesse del brano sta appunto in tre temi: (1) l'iniziativa di YHWH che sceglie un servo e lo prepara per una missione; (2) la descrizione della maniera in cui il servo compirà questa missione; (3) una menzione più breve del contenuto della missione (comunicazione del "diritto / giudizio salvifico" di YHWH ai popoli stranieri). Anche se si accenna alle difficoltà che il servo incontrerà nello svolgimento della missione (almeno nei vv. 3c e 4a), non si può veramente dire che qui abbiamo una grande insistenza sulla figura di un servo sofferente. Rimane irrisolta poi, nell'orizzonte del brano stesso, la questione del riferimento del termine "servo" (se si riferisce ad una collettività personificata come individuo oppure ad un individuo reale nel presente o nel futuro). Per avanzare nell'esplorazione di questo problema dobbiamo allargare l'orizzonte a tutti i dati riguardante il tema "servo di YHWH" in Isaia, che sarà il tema della prossima lezione.